L'associazione Di.Re sul palco dell'Ariston
Chiara Ferragni divide Sanremo ma parla ai giovani di libertà
Dal messaggio “pensati libera” alla lettera scritta a se stessa ragazza, che non deve farsi vincere da paure e insicurezze, fino al messaggio lanciato con i centri Di.Re contro la violenza sulle donne. La partecipazione di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo, come da copione, suscita interesse, dibattiti, divide. C’è una parte del mondo femminista che ritiene le sue performance scontate, intrappolate in quel meccanismo mediatico che tutto ingloba modificandone il significato.
Ma c’è una parte dell’opinione pubblica, anche quella politicizzata, che ha apprezzato Chiara Ferragni, le sue parole, i suoi vestiti, la sua lettera. Perché? Non certo perché rappresenta la rivoluzione, non certo perché sia il futuro di un nuovo mondo. Ma perché l’influencer parla alle giovani ragazze e ai giovani ragazzi. Lo fa prima di tutto attraverso la propria vita: non farsi mettere sotto da altri, essere la protagonista delle proprie scelte. Un esempio. Da questo punto di vista un bell’esempio. Ma non basta questo. Quando Chiara Ferragni parla, dice alle ragazze: siate libere, anzi di più: pensatevi libere. Per molte donne questo – forse – è un concetto banale, è qualcosa che si è introiettato, che non ha bisogno di essere sbandierato.
Le conquiste sono altre. Ed è giusto che sia così. Ma per tante ragazze e tanti ragazze questi concetti non sono per nulla banali: sono conquiste ancora da fare, sono un mondo da attraversare, un mondo che continua a mandare messaggi sessisti. «Se lo nascondi sei una suora, se lo mostri sei una tro…», ha detto alla fine della lettera, recitata con un vestito che “mostrava” il corpo, un finto nude look .
Spesso ci si lamenta che i discorsi sulla libertà delle donne non riescano ad arrivare al grande pubblico oppure arrivano distorti, talvolta manipolati, piegati a logiche che sfuggono completamente alla consapevolezza, alla cultura alle lotte che ci sono dietro. Purtroppo succede spesso quando si parla o si scrive della violenza sulle donne, dei femminicidi.
Ma questo non è successo sul palco di Sanremo, perché insieme a Ferragni a fare questi discorsi c’erano le donne della rete contro la violenza sulle donne Di.Re: cento centri in tutta Italia che ogni anno accolgono ventimila donne che lì trovano chi le sa ascoltare, chi le sa aiutare: aiutare spesso a non morire. Per molti spettatori e molte spettatrici è stata la prima volta che ne hanno sentito parlare: alcune di loro forse da martedì sera sanno di non essere sole, che ci sono dei luoghi in cui possono andare, in cui possono trovare altre donne preparate e disponibili. Ora, forse, lo sanno meglio anche le istituzioni: governo, regioni, amministrazioni comunali che non danno l’appoggio necessario in termini economici e politici a queste associazioni.
“Ci vuole una rivoluzione” ha detto anche la presidente di Di.Re Antonella Veltri sul palco. Una rivoluzione che riguarda tutti e tutte e che deve passare attraverso la scommessa di un cambiamento culturale e politico. Ma anche attraverso la conquista dell’immaginario collettivo. Chiara Ferragni fa questo. Ha fatto questo. Poteva fare un discorsetto, denunciare la violenza e finirla lì. Invece ha fatto vedere la soluzione, ha indicato la strada che già tante percorrono. La scommessa che si gioca sul piano dell’immaginario è sempre ambigua, attraversata da luci e ombre, da molte contraddizioni. Ma vale la pena tentare di provarci, farsi contaminare, perdere un pezzetto per raggiungere più persone.
“Abbiamo aperto con fatica immane un uscio”, mi ha detto Antonella Veltri. Un uscio importante da cui molte donne potranno forse passare. Ci saranno ancora tanti altri luoghi dove si continuerà a lottare con maggiore radicalità. Ma tante giovani donne (e non solo) sono state raggiunte. Ora si punta dritte all’8 marzo. Non una di meno ha lanciato una giornata di sciopero: “Se il messaggio deve essere: Pensati libera, allora vogliamo essere libere dalla violenza”.
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