I segnali di ‘guerra’ erano nell’aria da settimane, almeno dalla vittoria a sorpresa di Elly Schlein alle primarie del 25 febbraio. Il sistema che ruota attorno a Vincenzo De Luca, il governatore della Campania, aveva scommesso tutte le sue fiches sul concorrente Stefano Bonaccini, immaginando anche che con un collega a capo di una Regione, fosse più facile valutare la possibilità di un terzo mandato.

Una volta arrivata al Nazareno, la segretaria ha messo nel mirino l’obiettivo più facile, l’unico capocorrente che di fatto non l’aveva appoggiata. Così nasce la prima (ed unica) nomina tempestiva del nuovo Nazareno: all’inizio di aprile il senatore orlandiano Antonio Misiani viene spedito a fare il commissario nella regione. L’esponente della sinistra a Napoli in due mesi incontra praticamente tutti, sindaco Manfredi in testa, e subito dopo Pasqua anche l’avversario numero uno della sua segretaria: Vincenzo De Luca.

Incontro definito freddo il giorno dopo dai quotidiani partenopei, le posizioni sembrano definite, ed a Piazza Santa Lucia (sede della Giunta Regionale) i due esponenti del Pd ne prendono formalmente atto, Elly Schlein decisamente contro il terzo mandato, vogliosa di liberarsi finalmente dell’ex sindaco di Salerno, De Luca intenzionato a proporre una proposta di legge per modificare lo statuto sul numero dei mandati.

Dalla scelta della nuova segreteria, arriva l’altro potente segnale di guerra: oltre al Commissario Misiani, entrano altri due anti deluchiani di ferro, Marco Sarracino e Sandro Ruotolo. Il primo è stato coordinatore organizzativo della mozione Schlein, ed ex segretario del Pd di Napoli, da sempre schierato contro il governatore. Il secondo, portavoce della mozione Schlein in Campania, è da sempre un avversario di De Luca.

I due in Regione iniziano a fare tabula rasa, escludendo praticamente da tutti gli incarichi i sostenitori del Presidente e vantando i magici orizzonti di un campo largo in versione napoletana, quello che consentì a Gaetano Manfredi di diventare sindaco della città (con i voti anche di De Luca). La guerra latente aveva però bisogno di un pretesto per scoppiare anche formalmente: la conferma o meno di Piero De Luca come vicecapogruppo dem a Montecitorio. Elly non ne vuole sapere di rinnovargli l’incarico però non si decide, traccheggia, sembra farsi convincere da Lorenzo Guerini, che la implora di non farlo. La scelta sull’ufficio di presidenza viene così rinviata di settimane, d’altra parte avviare una rottura così potenzialmente esplosiva non è cosa da poco. Alla fine Elly si decide per il patibolo: Piero, influente ed esperto deputato, paga per il suo cognome (come ammette lo stesso Guerini) e la guerra può dichiararsi aperta.

Risponde colpo su colpo il figlio che accetta il contentino di segretario ma non rinuncia a mandarle a dire, ed oggi, in modo come al solito colorito anche il padre. ‘In politica come nella vita non c’è nulla di più volgare dei radical chic, senza chic’, il suo tweet fulminante. In mezzo ci sono due anni, in Campania si voterà nel 2025, quanti consiglieri regionali eletti nel Pd voteranno la modifica dello statuto che proporrà il Governatore? E come si organizzerà elettoralmente il sistema De Luca?

Certo che una eventuale fuoriuscita dal partito del Presidente della Regione Campania, farebbe scendere a tre il numero dei governatori del Pd, Bonaccini, Giani, Emiliano. Un minimo storico, o a seconda dei punti di vista, un altro record raggiunto in soli 3 mesi e mezzo da Elly Schlein.

Phil

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