Chicco Testa, politico, manager, già segretario nazionale e presidente di Legambiente ed ex presidente di Enel, è stato alla guida di diverse società ed è oggi presidente di Assoambiente.

Rete ferroviaria in tilt. Disagi inenarrabili e un danno economico incalcolabile. Che succede, un chiodo inchioda l’Italia?

«Ho trovato stravagante la posizione di Ferrovie dello Stato. Prima di tutto ci si scusa. Poi si annuncia una inchiesta interna seria. Non si accusa su due piedi una ditta appaltatrice. Per capirci è come se, visto che dal mio bagno cade acqua nell’appartamento di sotto, scaricassi tutta la colpa sull’idraulico. Lui forse ha lavorato male, ma la casa è la mia».

Ricordandoci sempre che la forza del nostro sistema è dato dalle piccole (e micro) imprese appaltatrici…

«È chiaro che non si può fare tutto con il personale interno, ci sono centinaia di ditte specializzate per le diverse cose ma sono sempre governate da chi dà l’appalto. Non può diventare tutta colpa di un operaio che ha piantato un chiodo».

Lo scaricabarile è concausa dei danni di sistema che siamo abituati a subire in Italia.

«La cosa che si capisce di meno non è tanto il famoso chiodo, il guasto materiale: sono cose che capitano. Ma segnalo che i sistemi di oggi sono progettati per essere intelligenti e ridondanti. Il sistema che doveva correggersi e supplire a quell’incidente con dei sistemi di recovery non è entrato in funzione. Come mai – chiederei loro – non ha funzionato? Evidentemente c’è un difetto di manutenzione. Io mi sono occupato di metropolitane: una volta i treni delle metropolitane potevano passare ogni dieci minuti. Poi l’intervallo è passato a cinque. Oggi è di tre minuti tra un convoglio e il successivo. Cosa è cambiato? La rete è quella, i binari non sono raddoppiati. Ma è stata aggiunta una grande quantità di intelligenza al sistema».

Intelligenza a quello che si chiama, in gergo ferroviario, segnalamento: un sistema di comunicazioni e autorizzazioni automatiche…

«Sì, una parola vecchia che definisce un concetto molto importante, basato su tutta l’informatica e gli automatismi volti a garantire il più efficiente funzionamento degli scambi nel sistema ferroviario. Con la capacità di correggersi e se necessario di interrompersi. Mantenerlo efficiente è essenziale anche per aumentare la velocità dei treni: se migliora il segnalamento si consente al treno di andare più veloce. Ed è un efficientamento che costa relativamente pochissimo rispetto ai benefici che produce».

Non maramaldeggiamo poi sull’allarme hacker lanciato inizialmente… Altra abitudine antropologica degli italiani, non assumere mai, mai una responsabilità.

«Faccio una considerazione preliminare: per curare una malattia bisogna prima di tutto che il malato riconosca di essere malato. Se il malato di diabete dice al medico di non averlo e appena esce dallo studio va in pasticceria, come guarisce? E io ho l’impressione che la grande malattia che abbiamo, l’inefficienza, non la sappiamo riconoscere perché ci siamo assuefatti».

Il disastro ferroviario di mercoledì per i romani è all’ordine del giorno. Vivere a Roma in questo periodo, con la Capitale diventata un grande cantiere, si fa sempre più complicato. E dei ritardi paghiamo il prezzo tutti i giorni: una tassa occulta, e non di poco conto…

«Roma è la città con gli abitanti più pazienti del mondo. Sanno adattarsi a qualsiasi situazione e tutte le mattine trovano un modo per risolvere le grane e arrivare sul posto di lavoro. Ma a tutto c’è un limite. Quando io constato che per i lavori della metropolitana di Piazza Venezia il cantiere prevede di rimanere operativo dieci anni, se va bene, e forse dodici o quindici, mi chiedo: in quale paese del mondo – non dico in Cina, dove le cose si realizzano in sei mesi – si può tollerare che per fare una stazione della metro si chiedono ai romani dieci anni di pazienza?»

Questi errori di sistema quanto ci costano? Perché poi queste cose si pagano. I cantieri che paralizzano la capitale, i treni in tilt, i taxi che non si trovano creano un problema economico non indifferente.

«Non c’è dubbio. E detto questo, il paese ha eccellenze assolute. Le reti elettriche italiane gestite da Terna e da Enel, e le reti del gas gestite da Snam sono eccezionali. Di grande qualità e all’avanguardia in tutto il mondo. E sa perché funzionano? Perché gas e luce vanno consegnati ogni giorno, in ogni momento. Questo ha prodotto culture aziendali che non tollerano ritardi e sono governate da grandi aziende. Quotate in borsa. E con una propensione molto forte al risultato».

Al posto del ministro Salvini cosa avrebbe fatto?

«Avrei detto: “Appurerò le responsabilità”. Non si può oggettivamente accusare il ministro per un guasto tecnico. Si può e si deve però pungolare il ministro Salvini sulla qualità del management, sulle risorse che ha fornito e sull’autonomia che dà loro».

C’è una sorta di costante coefficiente di inefficienza?

«Ci sono calcoli che hanno quantificato quanto valore perdiamo come singoli e come sistema paese per questo cumulo di inefficienze, disagi, ritardi cui siamo sottoposti. Miliardi di euro. Chi fa esperienze di vita in altri paesi europei si rende conto della semplicità delle cose, dal chiamare un taxi alla richiesta di un passaporto. Cose che in Europa sono facili automatismi e per noi italiani diventano faticosissime avventure».

La soluzione?

«Come ha detto il grande allenatore di pallavolo Velasco in un video diventato virale: smettere di arrampicarsi sugli specchi e di fare spallucce. Smantellare la cultura degli alibi. Quando si sbaglia: chiedere scusa, affrontare un’analisi vera e correggere gli errori».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.