Il ritorno in Italia dopo essere stato “congelato” per 24 anni in carcere negli Stati Uniti. L’accoglienza a Rebibbia come un re, con il ‘comandante’ Schettino, quello dell’inchino, del “torni a bordo cazzo” e della tragedia della Concordia (dove morirono 32 persone), tra i primi a volerlo salutare e osannare. L’Amarica cattiva che l’ha fatto rientrare in Italia senza nemmeno un calzino. Il desiderio di tornare presto in libertà, “più prima che poi” secondo l’intervistatore Bruno Vespa. 

C’è di tutto nell’intervista ‘esclusiva’ rilasciata a “Cinque minuti”, il programma in onda su Rai 1 e condotto da Vespa. Un Chico Forti considerato innocente a prescindere e che viene trattato già da uomo libero, con la premier in prima linea al suo ritorno in Italia, pronta a farsi immortalare dai fotografi per aver riportato in patria, a furor di popolo, un uomo condannato “ingiustamente” dagli Stati Uniti d’America. Poco importa se prima del governo Meloni anche il governo Conte aveva accelerato sulla vicenda-Forti. La memoria è corta e la propaganda viene prima di tutto. Così come puntuale arriva l’intervista al Tg di fiducia, il Tg1.

Forti e l’esaltazione delle carceri italiane

E allora ecco il Forti-pensiero a poche settimane dal suo ritorno in Italia. Un pensiero che arriva ad esaltare le carceri italiane, regno di violenza, sovraffollamento, disservizi, dignità negata, assistenza sanitaria scadente e potrei proseguire per altre mille battute. Per Chico Forti le carceri italiane sono migliori di quelle americane. L’esempio è una banale mela: “Quando una guardia stava per togliermi una mela un po’ ammaccata, l’ho fermata: non vedevo una mela da 24 anni, nel carcere di Miami frutta e verdura non esistono – dice -. E poi la cucina curata dai compagni di cella: qui si può comperare di tutto e mi hanno accolto prima con gli spaghetti alla amatriciana e poi con quelli alle vongole. A Miami una sigaretta con tabacco di scarto costa 25 dollari”.

Accolto come un Re con l’inchino di Schettino

Poi aggiunge: “Nel carcere a Miami vieni umiliato per ogni azione che fai, ed è fatto per ricordanti che tu sei punito per un qualcosa che hai fatto, perché il principio è che se sei all’interno del carcere qualcosa hai fatto e ti meriti di essere punito”. Invece in queste prime settimane in Italia, è sbarcato a Pratica di Mare il 18 maggio scorso, Chico Forti celebra i penitenziari del Bel Paese: “A Rebibbia e qui a Verona ho conosciuto valori che erano 24 anni che non ritrovavo: valori umani, rapporti, rispetto, è una differenza come notte e giorno. Mi hanno accolto come un re, ho ricevuto tantissimo rispetto e, una piccola nota, la prima persona che mi ha accolto mi ha detto ‘c’è il comandante che vuole parlarle’, ho pensato che fosse una persona della penitenziaria, invece si presentò Schettino: mi ha detto ‘Chico sei il mio eroe’. Ho compagni di cella che mi aiutano, io dagli Stati Uniti sono partito senza niente neanche i calzini”.

Quanto alla condanna per omicidio all’ergastolo, Forti spiega che “se tu sei convinto di essere innocente, hai la forza di andare avanti. Io non ho mai pensato all’ergastolo, ma sempre al giorno successivo – afferma. Se credi in te e hai dei principi, procedi. Se non credi in te, ti suicidi…”. E’ come se fossi stato “congelato per 24 anni, ma le mie emozioni e la voglia di vivere non sono cambiate”, ha aggiunto.

Il rapporto con Meloni

La svolta, dopo anni di attesa, arriva “il primo marzo” quando “ho ricevuto una chiamata che ha scombussolato il mio penitenziario. Hanno detto: ‘Forti hai una chiamata dalla Casa Bianca‘. La prima persona che mi ha parlato è stata l’ambasciatrice italiana a Washington. Ha detto che era con il presidente Biden e il primo ministro, che voleva parlarmi, Giorgia Meloni. L’ho ringraziata indipendentemente dal risultato e lei mi ha dato la notizia: torni a casa”. Forti poi racconta il rapporto con Giorgia Meloni: “La prima persona che me ne parlò, fu l’ambasciatore Giulio Terzi, è rimasto un contatto, erano quasi dieci anni fa. Ancora adesso è una persona che ha fatto molto per me”. Nel colloquio Forti parla anche della madre, “la mia roccia, la mia forza, la mia energia. Normalmente in una persona di 96 anni gli occhi si affievoliscono, invece nei suoi puoi vedere i fuochi d’artificio, e la gioia, più di qualsiasi abbraccio. Rivederla è stato meraviglioso”. L’ultimo incontro era datato 2008: “‘Faro tutto il possibile per aspettarti’, mi disse”.

Il fratello di Pike e i passi in avanti

Tornando alla condanna per l’omicidio di Dale Pike, Forti spiega che il fratello di Pike da quattro anni dice con forza che “sono innocente. Ha fatto dei grandi passi per aiutarmi nel discorso della mia innocenza. Credo che ci sia un momento in ognuno di noi in cui prevale la coscienza. Non mi ha mai attaccato all’inizio, ma neanche difeso. Credo che abbia raggiunto un momento, forse anche per il discorso di mia madre, entrambe le famiglie hanno sofferto tanto, in cui abbia deciso di fare qualcosa di concreto, scrivere al presidente degli Stati Uniti, scrivere al governatore della Florida è un passo importante per la famiglia della vittima”.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.