La storia
“Ci siamo sposati in carcere e lo seguo ad ogni trasferimento in altre città”, la storia di Luca e Manuela
“Il viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino che sta attraversando la Sicilia è occasione di incontri preziosi, ricchi di vissuti e fonte di conoscenza anche di vicende di ordinario degrado negli istituti penitenziari. Manuela è la moglie di Luca il quale si trova, nel momento in cui mi chiama, detenuto nel carcere di Agrigento. “Petrusa” è l’istituto che Rita Bernardini visitò con il Partito Radicale e l’Osservatorio carcere delle Camere penali nell’estate del 2019. Lo trovò in condizioni talmente gravi che Roberto Giachetti, subito informato, non esitò a presentare un’interrogazione parlamentare ai Ministri della Giustizia e della Salute.
Luca e Manuela appartengono a due mondi diversi: lui catanese, cresciuto nel “palazzo di cemento” del quartiere Librino simbolo di degrado e malaffare; lei acese, cresciuta in Corso Umberto, nel centro storico di questo gioiello siciliano. Si incontrano grazie all’attività di volontariato di Manuela e finiscono sposi nel carcere di Trapani nel maggio 2019. Con e per Luca, Manuela ha compreso che se le condizioni di vita cambiano, anche le persone cambiano e da quando lo ha incontrato ha sempre cercato di mutare il corso della vita di Luca. Lui ha 28 anni e una condanna a 7 per la quale è entrato nel carcere di Caltanissetta nel marzo 2018 e che finirà di scontare nel marzo 2024. Il 28 maggio scorso è stato trasferito ad Agrigento e la ragione per cui Manuela mi chiama è che sono tre mesi e mezzo che Luca si trova in una cella di isolamento nel reparto transito per una rissa tra detenuti comuni scoppiata al secondo piano. Sono in sette in isolamento, lo stesso numero che riporta l’interrogazione di Giachetti che a distanza di un anno resta ancora senza risposta a riprova di condizioni immutate. La sporcizia è generalizzata, i “blindi” stanno per lo più chiusi eccetto quando monta qualche agente di buon cuore. Ma anche quando il “blindo” si apre, Luca non esce dalla cella perché lo spazio per il passeggio è angusto e opprimente.
In questa condizione di isolamento Luca soffre la pena aggiuntiva della sindrome dell’articolazione temporo-mandibolare, un disturbo caratterizzato dal malfunzionamento dell’articolazione che collega la mandibola superiore e quella inferiore. Ha difficoltà a masticare e solo la cura e la dedizione di Manuela hanno fatto sì che il loro dentista di fiducia sia riuscito, dopo molte vicissitudini burocratiche, ad applicare un dispositivo realizzato su misura che riduce gli effetti nocivi dello stringere o digrignare i denti. Un intervento e una condizione che richiedono comunque un monitoraggio continuo, anche perché Luca continua ad avere difficoltà di masticazione che si ripercuotono sulla sua alimentazione. Stare in isolamento 24 ore al giorno e senza riuscire a nutrirsi adeguatamente aumenta il dolore. La sua mente è attraversata da pulsioni autolesioniste che possono condurre al suicido. Manuela mi racconta che i sanitari non lo visitano regolarmente, «non dico una volta al giorno come si dovrebbe fare ma neppure nell’arco di mesi», denuncia Manuela, che mi dice che suo marito la prima settimana di novembre ha fatto uno sciopero della fame per ottenere una visita medica, ma non è andato nessuno.
Al dolore di questa condizione di degrado materiale e di malattia se ne aggiunge un altro. Quello della separazione dalla sua bambina. La figlia di 9 anni è sotto tutela del Tribunale dei minori di Catania, che avrebbe equiparato l’abbandono volontario da parte della madre a quello obbligato del padre finito in carcere. Luca non è ritenuto idoneo ad avere l’affido perché ancora non beneficia di una misura alternativa. Padre e figlia non si sono visti per oltre due anni. Solo durante l’estate si sono avviate alcune videochiamate che sono andate bene e che pur tra mille difficoltà continuano nella forma di chiamate vocali due volte al mese. Luca ha particolari difficoltà a relazionarsi con l’area trattamentale. È vero. Però ha una moglie che gli offre massima sicurezza economica, sociale e psicologica e che trasferisce ogni volta il suo domicilio dove trasferiscono il suo Luca. Mentre scrivo Manuela mi informa che Luca è stato mandato a Caltagirone dove dovrà stare in quarantena per quattordici giorni. Ciò anche se proviene da un altro carcere e non dall’esterno e i primi due tamponi fatti sono negativi. È una vita, la sua, che pare destinata a passare sempre da una cella di isolamento. E intanto Manuela ha aderito allo sciopero della fame di Rita Bernardini volto a ridurre drasticamente la popolazione carceraria.
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