Equilibri internazionali
Cina potenza-ponte tra Occidente e Mosca
Il messaggio che arriva dalla Cina è chiaro: Pechino non molla Mosca. Ed è un messaggio rivolto anche all’Occidente
Il messaggio che arriva dalla Cina è chiaro: Pechino non molla Mosca. Dopo la riunione del G7 in Giappone, che ha ribadito il sostegno del blocco alla causa ucraina, la condanna alla Russia e i problemi con la Cina, il viaggio a Pechino del primo ministro russo, Mikhail Mishustin, segna un ulteriore passo in avanti nell’asse tra le due potenze. La conferma giunge anche dalla forma, oltre che dalla sostanza di questo blitz diplomatico. Mishustin è stato ricevuto sia dal primo ministro Li Qiang che dal presidente Xi Jinping con un’accoglienza di alto profilo, che quasi contrasta con il peso internazionale della figura del premier russo, e che sottolinea la volontà del Dragone di dare quasi sfoggio di questo vertice e del partenariato con Mosca.
Un messaggio di certo rivolto anche all’Occidente: in particolare a quei Paesi con cui la Cina ha tensioni continue e che coinvolgono anche il rapporto tra Pechino e Mosca. Gli incontri di Mishustin con le autorità cinesi sono stati caratterizzati da parole precise. “Nuovo livello” nelle relazioni, “livello senza precedenti”, “cooperazione strategica” nel contrasto al “dominio dell’Occidente”. Una scelta di parole che svela la volontà di entrambe le parti di ostentare questa amicizia come contraltare al blocco guidato dagli Stati Uniti. Ma è un’amicizia che, depurata dalla forma, rivela anche come dalla guerra in Ucraina, Mosca e Pechino siano legate da una cooperazione in cui la Repubblica popolare rappresenta sempre più il partner principale di questa “alleanza senza limiti”.
Un concetto su cui molto si è dibattuto. Alcuni analisti ripetono che quest’immagine non implichi un’alleanza illimitata, ma un’alleanza che non ha ancora una cornice definita. Altri ricordano che Pechino e Mosca non possono definirsi davvero alleati, essendo due imperi con interessi convergenti ma con anche molti altri interessi contrapposti e una reciproca diffidenza. Lo stesso ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger, in una recente intervista all’“Economist”, ha ricordato che nella sua lunga carriera al vertice della diplomazia americana non ha “mai incontrato un leader russo che abbia detto qual-cosa di buono sulla Cina” e, allo stesso tempo, di non avere “mai conosciuto un leader cinese che abbia detto qualcosa di buono sulla Russia”. Il rapporto, quindi, si baserebbe su un reciproco interesse, che si è consolidato in quest’ultimo anno e mezzo di guerra soprattutto con le sanzioni occidentali a Mosca e la necessaria virata verso oriente del Cremlino. I dati economici, in questo senso, sono cristallini.
L’interscambio sembra volare verso la quota record di duecento miliardi di dollari e aumentano sia gli accordi commerciali che quelli di natura strategica. Xi ha “abbracciato” il suo omologo Putin offrendogli un’ancora di salvezza rispetto all’isolamento internazionale. Ma allo stesso tempo, lo sbilanciamento di questo asse tra Mosca e Pechino inizia a essere sempre più evidente. La Russia sta perdendo terreno diplomatico in quello che era il suo giardino di casa, l’Asia centrale, dove Putin appare ormai come un leader ben poco autorevole rispetto a Xi.
La Federazione Russa inizia a fare concessioni sempre più ampie, non ultima l’apertura del porto di Vladivostok: il più importante scalo dell’estremo oriente russo, che da sempre fa gola al Dragone, sarà presto un hub per le province nordorientali cinesi. Il gas e petrolio russi si riversano verso il vicino asiatico, in continua e pressante richiesta di idrocarburi per sostenere la propria economia. E mentre Mosca muove le truppe nella speranza di risolvere il conflitto in Ucraina – possibilmente, a quanto si vede, anche con un suo congelamento – la Repubblica popolare ha assunto l’iniziativa diplomatica per cercare una possibile mediazione tra le parti. In attesa degli incontri nella capitale russa, l’inviato speciale per gli Affari eurasiatici, Li Hui, ha completato un tour europeo per cercare di accreditare il piano cinese come possibile via per una soluzione della guerra.
La partita appare difficile, vista anche la vacuità di alcune proposte di Pechino nei famosi 12 punti di Xi su quella che per il suo governo è la “crisi” tra Russia e Ucraina, e la diffidenza di Washington. In ogni caso, appare chiaro che in assenza di un dialogo diretto col Cremlino, la Cina può essere considerata la potenza-ponte tra Occidente e Mosca e l’unica che sia in grado di far proseguire o far desistere Putin dal mantenimento in vita della sua “operazione militare speciale”.
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