17 associazioni (autori, attori, tecnici…) lanciano l’appello “SOS Cinema”
Cine-audiovisivo: il Tar boccia i decreti di riforma del settore. Si aggrava la crisi, studios di Cinecittà vuoti
Nonostante l’ottimismo ostinato che il Governo continua a manifestare rispetto alla situazione del settore cine-audiovisivo, emergono crescenti segnali di acuta e diffusa insofferenza, anche a seguito del pronunciamento del Tribunale Amministrativo del Lazio, che martedì della scorsa settimana 26 novembre ha accolto il ricorso contro i decreti ministeriali frutto della cosiddetta “riforma Borgonzoni” della Legge Franceschini del 2016, promosso da un folto gruppo di società produzione indipendente.
Il Tar Lazio ha ritenuto valide le argomentazioni dei ricorrenti: si tratta di oltre 70 società di produzione indipendente che hanno denunciato come le nuove regole del sostegno statale al settore soffochino le piccole imprese, imponendo vincoli burocratici e paletti procedurali che tolgono ossigeno a chi non beneficia di trattamenti privilegiati con i grossi distributori cinematografici, le emittenti televisive, le piattaforme, nonché con il sistema bancario, che notoriamente trattano bene soltanto i “big player”.
La richiesta di “sospensiva” non è stata accolta dalla Sezione Seconda Quater del Tar del Lazio presieduta da Antonella Mangia, e quindi i decreti interministeriali (in particolare quello del 10 luglio 2024, co-firmato da Gennaro Sangiuliano per il Mic e da Giancarlo Giorgetti per il Mef) per il “Tax Credit Produzione” e i successivi decreti direttoriali (firmati dal Dg Nicola Borrelli) restano in vigore, e pienamente operativi, come si è affrettato a precisare lo stesso Ministero della Cultura.
Di fatto, però, la sentenza del Tar, che ha convocato un’udienza pubblica per il 4 marzo 2025, rappresenta una piccola ma significativa vittoria di “Davide” contro “Golia”. Il Tar mette in discussione la cosiddetta “riforma Borgonzoni”, cioè le modificazioni normativo-regolamentative che sono il risultato della delega che l’ex Ministro Gennaro Sangiuliano e il successore Alessandro Giuli (entrambi esponenti di Fratelli d’Italia) hanno assegnato alla senatrice leghista Lucia Borgonzoni. In effetti, nel corso degli anni, la Legge Franceschini, che ha istituito il “Fondo Cinema e Audiovisivo”, ha mostrato variegati processi patologici, a fronte di un’impressionante crescita della dotazione (dai 400 milioni di euro per l’anno 2017 al picco dei 750 milioni del 2022): abusando di un “tax credit” fuori controllo, sono stati prodotti molti film, ma buona parte di essi non è mai uscito nelle sale cinematografiche. Una crescita “drogata”: dei 1.354 film che hanno richiesto il “Tax Credit” dal 2017 alla 2023, ben il 44 % ovvero 598 film non è mai uscito nei cinema.
S’è costruito un sistema autoreferenziale e sganciato dalle logiche di mercato. Ormai è evidente la degenerazione dell’intervento dello Stato, con l’arricchimento enorme di un manipolo di grosse società, la quasi totalità delle quali è stata acquistata da multinazionali straniere.
Da molti mesi, si registra l’insofferenza di molti operatori e ben 17 associazioni (autori, registi, attori, ma soprattutto tecnici e lavoratori, dai 100autori ad Unita, da Air3 all’Apai, passando per il comitato #Siamoaititolidicoda) hanno lanciato giovedì scorso 28 novembre un appello, intitolato “SOS Cinema”, denunciando “una crisi senza precedenti” e “la paralisi quasi totale del settore”. Nessuna reazione da parte del Ministro Giuli e della Sottosegretaria Borgonzoni, che debbono ora anche affrontare la crisi acuta degli “studios” di Cinecittà: uno degli effetti della ritardata gestazione della riforma del “tax credit” è stata la fuga da via Tuscolana delle grandi produzioni straniere. Gli studi sono semi-vuoti e si prevede un crollo del fatturato.
Sulla “riforma Borgonzoni” pende quindi ora più di una “spada di Damocle”. Si tratta soltanto del primo round dello scontro tra Davide e Golia, tra produttori indipendenti e “big player”. Purtroppo mancano dati, valutazioni, controlli: il Ministero della Cultura non dispone ancora di un’adeguata cassetta degli attrezzi per il “buon governo” del sistema.
Angelo Zaccone Teodosi (*) Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult
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