L'appuntamento alle urne
Cinque sì ai referendum sulla giustizia, per una battaglia di civiltà
La peggiore campagna referendaria da molti anni a questa parte è giunta al termine. Il Riformista si è gettato di peso su questi referendum: dai gazebo per la raccolta delle firme all’impegno pubblico del suo Direttore e di tante sue firme prestigiose, dalle tantissime analisi redazionali alle interviste ad autorevoli protagonisti del mondo del diritto e della giustizia. Lo ha fatto, come il riformismo pretende, con spirito laico e non settario, offrendo al dibattito non propaganda ma una valanga di argomenti, di dati, di riflessioni. Posizioni di merito e argomentate.
Lo ha fatto innanzitutto per dovere di informare la cittadinanza e per rispetto dei quattrocento milioni di euro che, pare, euro più o meno costeranno. Solo dopo, possiamo dire, con una precisa posizione, che riflette l’urgenza di aprire una cantiere vero per riformare la giustizia italiana. Questa campagna elettorale è stata pessima perchè chi ha formalmente proposto i referendum – alla fine il centro-destra tramite le regioni – poi è sparito dal dibattito almeno a livello di leader. Chi si è espresso per il No ha rinunciato a partecipare al dibattito pubblico puntando sull’astensione: una posizione “tattica” certamente legittima se riflesso di una scelta consapevole dell’elettore, ma imbarbarente se portata avanti da partiti, i quali dovrebbero animare il dibattito pubblico e orientare gli elettori e i cittadini. È stata così persa una occasione per svolgere una grande dibattito nazionale sullo stato della giustizia italiana nei suoi molteplici aspetti.
Questo dibattito si è svolto, ma prevalentemente tra gli operatori: magistrati, avvocati, docenti universitari. Sarebbe occorso altro. Perchè questi quesiti avranno anche un taglio limitato ma i fine dei proponenti – e mi riferisco soprattutto ai radicali e ai mondi della società civile che ha aggregato l’iniziativa – era, ed è ancora, quello di lanciare un chiaro segnale al parlamento. In primo luogo: garantismo, garantismo, garantismo. In secondo luogo, che così non si può andare avanti. Le riforme Cartabia, frutto di compromessi di una maggioranza eterogenea e irresponsabile, non bastano certamente. La giustizia – il servizio della giustizia – dovrebbe andare incontro ad una completa rifondazione, dai concorsi alle carriere, dall’organizzazione degli uffici ai metodi di designazioni dei vertici, dalle strutture alle risorse, dai diritti alle garanzie. Il paese che fu culla della civiltà del diritto, è oggi uno dei paesi più incivili d’Occidente.
Regno di una giustizia “lumaca” che si tramuta denegata giustizia, ingiuste carcerazioni (nell’ambito di una condizione carceraria di per sè incivile), decisioni giudiziarie spesso contingenti e imprevedibili (vogliamo parlare della giustizia di pace e onoraria?), sovraesposizione mediatica dell’organo inquirente da repubblica sudamericana, processi che iniziano e si concludono in piazza e del cui esito vero, quello proprio dello Stato di diritto, poi nessuno si interessa più. Si comprende che la giustizia è una materia che scotta. Crea apprensione – lo affermava chiaramente Quatrano su queste pagine – che i partiti siano proni alla magistratura, soprattutto inquirente o, peggio, ne temano le reazioni. La regione Campania è stata devastata dal modo di funzionare e dallo stato attuale della magistratura: sia nella società civile, ovvero la giustizia di tutti, che nella società politica, la giustizia per i “potenti”.
È per questo che davanti alla sordina imposta al dibattito il merito dei quesiti passa, dal punto di vista dell’interesse del cittadino, in secondo piano e diventa invece centrale il significato simbolico di questa tornata. È l’ultima occasione, chissà per quanto tempo, per mettere il parlamento con le spalle al muro e costringerlo ad assumersi le proprie responsabilità. Perfino le percentuali riportate dai Sì e dai No, a prescindere dalla validità o meno della consultazione, saranno un utile elemento di valutazione per valutare il lascito di questa partita fondamentale per chiedere alla politica una giustizia civile e moderna.
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