Le azioni di Greta Thunberg, le dichiarazioni di Carola Rackete, l’intervento di Paolo Becchi che prevede per il M5S il dissolvimento in un mini partito ecologista, partono da una condivisa convinzione per la quale le tematiche ambientali sono patrimonio indiscutibile dei progressisti. Il recente approdo del movimento delle Sardine, in una fusione ideale con Greta, confermano questa convinzione. Certamente si tratta di un progressismo né operaio, né popolare riconducibile soprattutto a ben individuate categorie culturali e antropologiche (studenti, ong, volontariato, mondo della comunicazione e dello spettacolo, scienziati, etc.).
Lontani i tempi nei quali, proprio attraverso il travaso metodico, paziente e pianificato da parte delle classi dirigenti di elevati contenuti culturali e sociali, il Pci trasformava le masse in popolo crescendo esponenzialmente l’efficacia di molte lotte operaie e popolari. Il mondo progressista non ha trasferito al mondo popolare alcun contenuto ambientalista. Anzi sono state fortemente urticate le “insensibili” classi meno abbienti e il “rapace” mondo dell’economia e degli imprenditori. Da parte sua, la classe dirigente del mondo sovranista, riferimento del mondo popolare e imprenditoriale, ha fatto di tutto per sembrare distante dalla cultura della difesa dell’ambiente. Con la confutazione e l’irrisione di Greta e del mondo giovanile (e radical-chic), la Destra ha di fatto dichiarato ( in Italia e nel mondo) l’ambientalismo nemico degli interessi nazionali, delle classi più popolari e del mondo della produzione. Errore marchiano al quale si deve rimediare se si vuole preparare un progetto credibile e adeguato ad un eventuale futuro governo popolar-sovranista.
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Il governo attuale, da parte sua, al di là di generici proclami escatologici, non sta facendo quasi nulla per l’ambiente. Tant’è che il decreto legge clima è una scatola vuota. Il dibattito nell’ambito di forze politiche governative è imperniato addirittura sul paradigma della decrescita felice aumentando ancor di più la distanza con le classi popolari ed il mondo produttivo. Detto ciò deve essere chiaro che il degrado ambientale è una cosa molto seria. Lo stato della Terra è molto critico e vanno intraprese azioni efficaci e concrete e non più rinviabili. La soluzione vanno ricercate allora nell’ambito di un paradigma sviluppista che coniughi scienza, ambiente ed economia in una santa alleanza sotto il coordinamento della sovra ordinata politica. Il mondo dell’economia e della finanza non può essere escluso. Le classi popolari saranno dalla stessa parte degli ambientalisti nella misura in cui si agisce contemporaneamente sullo sviluppo economico sociale e sulla tutela ambientale. Affermare che la scienza e la tecnica sono indispensabile in questo processo è centrale.
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Nuove ed innovative soluzioni tecnico-scientifiche combattono l’inquinamento non l’abbandono del territorio inquinato né, tantomeno, deliri irenisti e bucolici. L’azione efficace e concreta sui cambiamenti climatici e il raggiungimento dello sviluppo sostenibile passano attraverso scelte che fanno tremare i polsi. La green economy, la valorizzazione dei rifiuti, la transizione energetica, la de-carbonizzazione presumono pesanti interventi del mondo dell’economia e della finanza. I green bond, le politiche fiscali, il mercato dell’energia, l’efficientamento energetico, gli investimenti sociali responsabili, le certificazioni ambientali presumono l’alleanza sopra citata. La consapevolezza del mondo sovranista-sviluppista che si carica della soluzione di valori condivisi come la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile, attraverso la partecipazione popolare e del mondo dell’economia e la cultura delle decisioni e delle azioni concrete, rompe, tra l’altro, il recinto nel quale spesso la Destra, masochisticamente, si è rinchiusa.