Vince l'allarmismo
Col Coronavirus lo Stato è diventato populista: nasce democrazia illiberale

L’autoritarismo cambia di spalla al fucile. Lo stato di eccezione – si scusi l’ossimoro – diventa regola. Diventa una fisiologia da far accettare sulla base di una evidenza proclamata quand’anche non concretamente e materialmente esistente. È proprio l’intreccio tra politica e vita biologica che propone di mettere la sicurezza, non la sua concreta attuazione ma l’idea di sé, sopra la concreta libertà e autogoverno delle persone. La produzione legislativa e ordinamentale diventa così sistematicamente emergenziale. Si dice del ritrovato primato della scienza contro la stregoneria che si era affacciata nelle nostre società qualche tempo fa; lo si dice per trovare una giustificazione a questo procedere della politica, ma qui medicina e politica si sono mescolate tanto da rendere illeggibile il confine e ucciderne le reciproche autonomie.
La medicina si fa politica e la politica morente, persa una propria visione del mondo, si costruisce in un girotondo tra la paura che essa stessa genera e il suo inseguimento con i provvedimenti da adottare. Il ruolo della comunicazione di massa diventa, in questa giostra, quello di un protagonista a pieno titolo. Il controllo di ogni comportamento personale si realizza nella costruzione di uno stato postdemocratico, con la sospensione della democrazia e con il controllo dei comportamenti dei singoli individui e, progressivamente, di intere aree della popolazione. Ieri ma anche oggi gli immigrati, come oggi e domani i contagiati e i contagiabili.
Si può obiettare “ma via, il virus c’è, il rischio di contagio pure, seppure enfatizzato dalla produzione della paura, è una minaccia esistente. E poi non vorrete dire che Conte, il governo di Conte, sia protagonista di un così grande disegno?”. No. Lui, loro, no. O almeno non lo sono consapevolmente, ma la macchina e il sistema sì. Bisognerebbe leggere Foucault e ripensare le libertà in questo nostro tempo di transizione.
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