Il Digiuno Intermittente (Intermittent Fasting) è una delle tante strategie nutrizionali utili a contrastare il sovrappeso, l’obesità e le relative complicanze metaboliche e cardiovascolari, ma può anche essere utilizzato per prevenire e a volte contribuire a curare il cancro, alcune malattie infiammatorie o neurodegenerative nonché può essere utile per controllare e ritardare l’invecchiamento cellulare. La pratica del Digiuno Intermittente ha radici antichissime: era nota ai Fenici, agli Assiri Babilonesi, agli Egizi (i quali digiunavano solennemente nei culti funerari di Iside e Osiride), ai grandi filosofi greci – da Pitagora a Socrate a Platone – che praticavano il digiuno per ottenere una maggiore lucidità mentale. Ippocrate, per esempio, sconsigliava di mangiare durante la malattia, asserendo che così facendo «si nutriva il male». Tornando ai giorni nostri Weindruch e Sohal, in un articolo del 1997 sul New England Journal of Medicine, evidenziarono come la restrizione calorica aumentava la durata di vita degli animali contrastando l’azione dei radicali liberi – le molecole che fanno degenerare le nostre cellule – essi intravidero una terapia efficace nel contrastare l’invecchiamento e prolungare la durata della vita.

A livello metabolico durante il D.I. l’organismo inizia a sfruttare i grassi come fonte di energia più che gli zuccheri, favorendo sia a livello epatico la produzione dei corpi chetonici (senza però arrivare ad una chetosi dannosa per l’organismo) sia gli effetti benefici a livello cellulare, metabolico e neurologico di queste molecole.

L’alternarsi di fasi di digiuno a fasi di alimentazione “normale” (ma sempre controllata) e il suo essere “socialmente praticabile” rendono questa strategia potenzialmente vincente rispetto a pratiche più rigide e difficilmente compatibili con la socialità e lo stile di vita attuale.

I meccanismi legati al D.I. non sono solo legati alla perdita di peso ma includono il miglioramento nella regolazione di glucosio, pressione sanguigna, frequenza cardiaca, perdita del grasso addominale e miglioramento della composizione corporea.

Vi sono varie tipologie di D.I. che vengono adattate allo stile di vita del paziente. La più praticata è quella del 16/8: salto ad esempio della colazione e alimentazione controllata a pranzo e cena in una “finestra di 8 ore” ma si può arrivare anche, sempre sotto controllo medico, all’astensione per 24 ore. Importantissimo, peraltro in tutte le fasi, è idratarsi costantemente e correttamente con acqua ma anche con tisane aromatizzate: sono concesse (ma senza esagerare) bevande come tè e il caffè, rigorosamente non zuccherati. Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare il D.I. migliora molteplici indicatori di salute compresa la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca a riposo, i livelli di colesterolo e trigliceridi, di glucosio e insulina tramite il contrasto all’insulinoresistenza che spesso è alla base del sovrappeso e dell’obesità favorendo poi la comparsa del diabete di tipo II. Inoltre riduce i marker di infiammazione sistemica e stress ossidativo associati all’aterosclerosi. Per ciò che concerne il cancro molti studi in corso si concentrano sul D.I. in pazienti con carcinoma mammario, ovarico, prostatico, endometriale, colorettale e glioblastoma.

I regimi specifici variano tra gli studi, ma tutti comportano un possibile utilizzo del Digiuno Intermittente durante i trattamenti radio e chemioterapici. D’altro canto nessuno studio ha ancora determinato se il D.I. influisca sulla recidiva del cancro negli esseri umani. Per quanto riguarda le malattie neurodegenerative, dal Parkinson alla demenza senile, la restrizione calorica potrebbe ritardare l’insorgenza di queste patologie ma allo stato attuale non è chiaro se essa possa influire positivamente sul loro decorso. Come tutte le pratiche terapeutiche dotate di una certa efficacia anche il Digiuno Intermittente praticato in maniera autonoma – senza una prescrizione medica che valuti prima le condizioni antropometriche, ematochimiche, cardiovascolari e, se necessario, psichiche del paziente – può avere effetti collaterali importanti. Dunque sono da evitare assolutamente il “fai da te” o le app o gli influencer che promettono risultati efficaci nel breve periodo perché queste metodiche possono provocare veri e propri danni per la salute aumentando ad esempio il rischio di disturbi del comportamento alimentare, ansia e depressione, o portare ad alterazioni metaboliche pericolose quali l’ipoglicemia. Come tutti i farmaci il D.I. ha le sue controindicazioni, pertanto non va proposto ai bambini e agli adolescenti, in gravidanza e in allattamento, nel Diabete I, in persone con disturbi del sonno, ipotensione e soprattutto in persone affette da disturbi del comportamento alimentare. Inoltre, come sostengo da sempre, nessuna terapia nutrizionale è efficace se non associata all’esercizio fisico, il più potente farmaco che la natura ci abbia messo a disposizione. Senza esso ogni forma di approccio nutrizionale perde infatti di efficacia. L’esercizio, o meglio direi il movimento, dovrebbe far parte della nostra quotidianità e non limitarsi ad una camminata ogni tanto o alle due ore in palestra due volte a settimana. Bisogna assolutamente muoversi sempre alternando l’attività aerobica quotidiana – come il cammino, la corsa, la bici – a delle sedute di allenamento di controresistenza o a carico naturale (ad esempio piegamenti sulle gambe e flessioni) o con dei pesi perché siamo nati per muoverci. Non dimentichiamocelo mai!

E a quali dosi va somministrato questo potentissimo farmaco dell’esercizio fisico? Vale una frase che lessi tanto tempo fa in un articolo scientifico: “Poco è meglio di nulla, abbastanza è meglio di poco”.

Fabrizio Angelini

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