«Ho rischiato di essere vaccinata prima come avvocato che come persona affetta da malattia rara. E questo non lo avrei potuto perdonare. A nessuno». Lisa Noja è un avvocato civilista milanese, dal 2018 eletta deputata prima col Pd poi passata con Italia viva. È affetta da atrofia muscolare spinale, è in carrozzina assistita da una giovane caregiver, da un anno si è fatta portavoce nelle aule del Parlamento dei disagi e della paure di tutti coloro che sono affetti da malattie rare e vivono nella paura e nella segregazione. Ieri è stata per lei, e per tutti quelli come lei, una giornata né bella né brutta. Però giusta.

Finalmente, dopo quasi un mese di richieste senza risposta, Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei ministri, Istituto superiore di Sanità, Agenas e Aifa hanno approvato il nuovo protocollo per i gruppi target della vaccinazione. In pratica chi deve essere vaccinato prima e chi dopo. Quello in vigore fino a ieri è stato da una parte l’alibi per i furbetti dei vaccini, dall’altro l’umiliazione per chi soffre di malattie rare e di patologie croniche che sono state in questo anno tra le più frequenti concause di morte per Covid. Il nuovo protocollo (15 pagine) è stato approvato ieri anche nella Conferenza Stato-regioni. «Ministro – disse Noja nell’aula della Camera parlando a Speranza la mattina del 25 febbraio – le persone come me affette da atrofia muscolare spinale non sono tra le priorità vaccinali. Le persone cosiddette fragili sono capaci di straordinaria resilienza e quest’anno credo che lo abbiamo dimostrato a tutti. Ma non si può e non si deve chiedere loro anche di sopportare scelte illogiche, discriminatorie ed eticamente inaccettabili».

Da allora ne abbiano viste di ogni: intere categorie professionali – avvocati, magistrati, veterinari – vaccinate in blocco a seconda delle regioni di appartenenza in nome del “rischio professionale”. Ma anche amici dei vaccinatori, convocati negli hub e immunizzati con le dosi di chi non si era presentato nonostante la prenotazione. Ci sono inchieste in corso. Una a Firenze. Le dosi non vanno buttate, non c’è dubbio, ma allora si creano liste di attesa e di scorta. Non si chiamano gli amici. Queste ed altre anomalie dovrebbero finalmente finire. Il Piano vaccini “fortemente potenziato”, come ha sottolineato il Presidente Draghi, è pronto. D’ora in poi sarà impossibile sbagliare. E i criteri sono unificati a livello nazionale. Nelle quindici pagine del protocollo, la popolazione è stata suddivisa in cinque categorie. Gli unici criteri, al di là di quelli dettati dalle caratteristiche specifiche del vaccino, sono unicamente “età e condizioni patologiche”.

Al netto degli ultraottantenni, del personale sanitario e delle Rsa che sono nella Fascia 1, la prima ad essere immunizzata, la categoria 1 comprende “persone con elevata fragilità, estremamente vulnerabili e con disabilità grave”. Negli “allegati” la lunga lista delle patologie. La categoria 2 comprende le persone tra i 70 e i 79 anni; la 3 tra i 60 e i 69 anni; la 4 persone sotto i 60 anni con patologie meno gravi (sia respiratorie che renali o neurologiche). La categoria 5, tutto il resto della popolazione al di sotto dei 60 anni. A prescindere dall’età sono considerate “prioritarie” le categorie del personale docente e non docente, scolastico e universitario, forze armate, forze di polizia, i servizi penitenziari, la Protezione civile (inserita ieri su richiesta del Presidente Bonaccini). E poi i caregiver e chi fa assistenza a persone con disabilità.

Un po’ di ordine, finalmente, in quel “mistero” che è stato in questi mesi il Piano vaccino. Non facile da fare, per la novità, l’eccezionalità ma soprattutto per l’incertezza sulle dosi. Un Piano che, evidentemente, non era stato realizzato. C’è voluta una lettera firmata da 40 associazioni di portatori di malattie rare e caregiver, «l’interessamento – ha spiegato Noja – delle ministre Bonetti, Gelmini e Stefani per arrivare al presidente Draghi e ottenere il risultato di oggi». Il Piano vaccini è la luce in una giornata che, sul fronte della lotta al virus, ha visto anche molte ombre. I contagi aumentano (ieri 25.673 circa tremila in più rispetto al giorno prima), i decessi restano alti (373, erano 322 il giorno prima). L’indice Rt che la scorsa settimana era appena sotto uno, questa settimana ha superato la soglia in molte regioni. Oggi il ministro Speranza dovrebbe far passare in rosso 3-4 regioni che erano arancioni. Così come “gialle” rischiano di restare solo Liguria, Valle d’Aosta e Sardegna (addirittura bianca).

Il premier Draghi ha chiesto di vedere tutti i dati (che però sono sempre la fotografia della settimana precedente) prima di assumere le decisioni che i ministri Speranza, Franceschini e Patuanelli chiedono da giorni, addirittura settimane: un lockdown nazionale fino a Pasqua. Ancora chiusi in casa un anno dopo. Una parte della maggioranza non è d’accordo. Lega, Forza Italia e anche Italia viva sposano e insistono sul criterio delle fasce colorate per premiare chi è stato virtuoso nel seguire le regole. Spingono su provvedimenti locali e circostanziati se e quando necessari. Il problema è che stanno diventando necessari un po’ ovunque. Sindaci e governatori, da Firenze a Napoli passando per Bari e Viareggio, hanno già firmato le ordinanze. Dunque l’Italia da lunedì potrebbe diventare spontaneamente per lo più rossa/arancione senza ricorrere a lockdown nazionali. E i tre giorni di Pasqua saranno, per il secondo anno di fila, in lockdown. Draghi comunque vuole una discontinuità nei criteri e nel metodo. Il Comitato tecnico scientifico, ad esempio, dovrebbe essere presto depotenziato.

Non restano quindi che i vaccini. Oltre alle categorie, oggi Protezione civile e commissario spiegheranno la logistica del piano: ci vaccineremo dalle 6 del mattino a mezzanotte; in campo ci sono 163 mila tra medici di base, dentisti, infermieri, specializzandi. In tutta Italia stanno nascendo hub per le vaccinazioni e dove non sono disponibili strutture, arriveranno le tende della Protezione civile. La macchina è pronta. I criteri anche. Servono i vaccini. Ieri l’Ema ha dato il via libera a Jannsen (J&J). In compenso è stato ritirato un lotto di Astrazeneca. In Italia da qui a fine giugno sono previste in arrivo 60 milioni di dosi. «Ma su questo – ha detto il presidente dei governatori Stefano Bonaccini – servono più chiarezza e più certezze». Nel Piano vaccini è allegato uno schema che conta 242 milioni di dosi in Italia entro il secondo trimestre del 2022 per sei tipologie diverse di vaccini. La parola oggi al Consiglio dei Ministri.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.