Possiamo parlare di svolta di Berlusconi? Non lo so, le svolte in politica sono rare e non si basano su un solo indizio. Possiamo dire però che il capo del centrodestra si pone problemi molto seri sulla politica estera italiana e sulla linea dell’Occidente. E lo fa, ad occhio, senza calcoli ma solo sulla base della conoscenza dei problemi e del ragionamento. Anche a costo di mettere in difficoltà il suo partito, e la sua area politica, e anche culturale, che invece sono orientati su una linea politica diversa. Più atlantista, bidenista. Berlusconi, parlando in una piccola riunione politica a Treviglio, vicino a Bergamo, ha rovesciato sul tavolo i problemi principali che questa guerra pone.

Proviamo a riordinarli:
Primo, fornendo armi, e a quanto pare anche armi assolutamente offensive, a Kiev, l’Italia, di fatto è diventato un paese cobelligerante. È in guerra. Però è in guerra a sua insaputa, Perché il governo non lo ha detto e il Parlamento non ne ha discusso? Tutto questo è legittimo?

Secondo: in giro per il mondo, alla guida dell’Occidente non ci sono leader all’altezza. C’è Biden che sconsideratamente dà del criminale di guerra a Putin, ne sollecita la cacciata dal governo e l’incarcerazione. E c’è il segretario della Nato che annuncia che la Nato non concederà mai l’indipendenza al Donbass. In questo modo impedendo a Putin ogni passo verso la pace e la trattativa.

Terzo. Le sanzioni stanno provocando danni gravi alle economie dell’occidente e in particolare dell’Italia. E se procedono, o addirittura aumentano, ne produrranno di più gravi ancora, abbattendo il Pil. Diventeremo tutti più poveri.

Quarto. La guerra rischia di provocare mastodontiche carestie nei paesi poveri, in particolare in Africa, e ci saranno milioni di morti e poi oceaniche ondate di immigrati verso l’Europa.

Questo è il quadro. Ed è difficile pensare che la fotografia scattata dal cavaliere sia una fake-foto. O che il suo ragionamento sia condizionato da calcoli politici. Tutt’altro: Berlusconi in questa fase tiene molto alla difesa del governo Draghi, non vuole rotture, né tantomeno intende avvicinarsi ai 5 Stelle di Conte. Il suo è lo sfogo di un vecchio leader politico che conosceva la ribalta internazionale quando il personale politico era di un livello un po’ più alto. E ora è molto pessimista. Oggi i commenti all’uscita del cavaliere sono molto cauti. Si fa notare che ha detto quelle cose ad una riunione quasi privata. Vero, ma c’erano i giornalisti, e le dichiarazioni sono diventate pubbliche. Spesso le svolte nascono così, da voci del sen fuggite. Scriveva Metastasio:Voce dal sen fuggita / poi richiamar non vale: / non si trattien lo strale, / quando dall’arco uscì” Mi viene in mente che – in una situazione del tutto opposta – nacque così la svolta reazionaria che trascinò l’America nel maccartismo all’inizio degli anni cinquanta.

Il senatore Mc Carthy lanciò le sue accuse al dipartimento di stato (“zeppo di agenti comunisti”, disse) a una riunione di vecchie signore in una cittadina del sud. Un the elettorale tra pochi amici. Però c’era un ragazzino che era uno stringher della Upi, grande agenzia di stampa. Il giovanotto registrò e mandò il pezzo all’agenzia. Il giorno dopo la bufera, che durò anni e spezzò carriere, vite, sconvolse la cultura americana e persino Hollywood. Non è detto che l’uscita di Berlusconi possa avere ricadute sulla politica-politica e sul governo. Però è la prova provata che esistono due Italie, molto trasversali rispetto agli schieramenti tradizionali.

Una Italia che marcia obbediente dietro gli inglesi e gli americani, e che vede di buon occhio la guerra di lunga durata a Putin. E un’Italia che vorrebbe riportare la ragione e non la ragion di stato al vertice del paese. La seconda Italia forse è maggioritaria. La prima è saldamente al comando. Controlla i grandi giornali, le Tv, i partiti. Draghi prova a mediare tra queste due Italie. A trovare un filo comune. Sempre più difficile. Soprattutto perché gli inglesi e gli americani ormai sembrano decisi ad andare avanti a testa bassa. Ancora ieri il Time scriveva un articolo molto chiaro, spiegando che la guerra continua. Di accordi non c’è né probabilità né volontà. Almeno fino all’estate. In che condizioni arriveremo all’estate? E la sinistra riuscirà a mantenere, senza perdere troppi consensi, la sua posizione militarista e rigorista?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.