Il caso
Combatteva la ‘ndrangheta: Carolina Girasole sbattuta in galera e linciata da innocente
Martedì scorso Carolina Girasole, già sindaca di Isola Capo Rizzuto in provincia di Crotone, è stata assolta anche in Cassazione. La Girasole, pur essendo una donna delicata, dai tratti raffinati e dalla voce gentile è una persona determinata, che ha fatto il sindaco con grinta e passione e sopportato gli arresti e quasi otto anni di calvario giudiziario con estrema dignità.
Una sindaca che Goffredo Buccini nel suo libro “L’Italia quaggiù” ha indicato come una “eroina” dell’antimafia e una protagonista d’un “nuovo corso” che vedeva alcune donne protagoniste sulla scena politica calabrese. Infatti l’amministrazione Girasole, dopo anni di inadempienze amministrative, aveva acquisito al Comune i terreni confiscati alla mafia e contribuito alla costituzione di ben quattro cooperative di giovani per la gestione dei beni confiscati. La sindaca aveva creduto di poter rappresentare dignitosamente lo Stato in una terra sicuramente difficile e piena di insidie ma non solo, e non tanto, per la presenza della ndrangheta.
Oggi Buccini, e con lui gran parte della stampa nazionale, una qualche riflessione dovrebbero pur farla (la farà? ) per capire come è stato possibile che Carolina Girasole sia stata arrestata (insieme al marito) senza che ve ne fosse il benché minimo motivo e, cosa gravissima, sulla base di intercettazioni che i giudici hanno ritenuto manomesse, pur di incastrare la sindaca di Isola. Resta da capire perché, o per conto di chi, qualche investigatore abbia sentito il bisogno di inquinare le prove quasi che le procure si siano attribuite il compito di arrivare ad una condanna a prescindere dalla verità. Eppure nel caso della Girasole non c’erano mazzette, né fondi occulti, né estorsioni o minacce. L’unica accusa “concreta” mossa alla sindaca ed al marito, consiste nel fatto che avrebbero contattato gli Arena per ottenere un appoggio elettorale. Un falso che i giudici avevano già smontato nei precedenti gradi di giudizio. E poi in cambio di cosa la ndrangheta avrebbe dato il proprio appoggio alla sindaca?
Secondo l’accusa un grave indizio a carico della Girasole sarebbe stato il fatto che persone vicine alle cosche avrebbero regalato alla madre e alla la suocera della sindaca una cassa di finocchi a testa. La stessa cosa avrebbero fatto con centinaia di famiglie e con la stessa caserma dei carabinieri anche perché ad Isola, nei periodi di raccolta, i finocchi costano non più di 3 euro a cassa. Ma veramente qualcuno potrebbe credere che si possa ipotizzare il reato di concorso in associazione mafiosa come corrispettivo ad un “regalo” dal valore di sei euro? In Calabria è possibile. Ed infatti solo in questo mese, in un’area di pochi chilometri quadrati, sono ben tre gli amministratori arrestati per concorso in associazione mafiosa ed oggi assolti. Ed in un solo mese, tre assoluzioni non mi sembran poche.
Al momento del loro arresto su ”Il Garantista”, quotidiano allora diretto da Piero Sansonetti, abbiamo esposto i nostri motivati dubbi sugli arresti della persone che oggi sono state assolte ma la nostra voce è stata flebile dinanzi all’ondata forcaiola che si è scatenata allora e si scatena ancora, con tifo da stadio, dopo ogni arresto “eccellente” e dopo ogni retata tipo Plati o Rinascita Scott. Ciò non è un caso ma la scelta di degradare la Calabria a “terra criminale”. Oggi come cento anni fa. Ed infatti il governo reale è nelle mani di alcuni procuratori a cui si sono stati attribuiti poteri da vicere’. Con le commissioni antimafia al posto dei consigli comunali. Con la militarizzazione della Regione che ha visto e vede la sanità ( e non solo) gestita da generali e poliziotti in pensione. Con una “politica” sicuramente scadente anche perché selezionata e tenuta costantemente sotto schiaffo come dimostrano i tantissimi casi di rappresentanti delle Istituzioni, allontanati per via giudiziaria e successivamente prosciolti da ogni accusa.
Tutto ciò è servito a sconfiggere la ndrangheta? La risposta è no. Decisamente no. È servito invece a ridurre la Calabria ad una colonia interna in cui i cittadini, oltre a dover convivere con la delinquenza mafiosa, non hanno più neanche la tutela della Legge.
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