Ridisegnare il Medio Oriente
Come cambia la strategia d’Israele dopo lo shock del 7 ottobre: dalla deterrenza alla guerra totale per un “nuovo ordine”
La diplomazia dello Stato ebraico mirava a ridurre le tensioni con i palestinesi. Ora, dopo lo shock del 7 ottobre, ha un unico obiettivo: eliminare l’asse del male
Il 7 ottobre 2023 ha cambiato tutto per Israele. Il massacro, l’invasione del proprio territorio nazionale, la perdita dell’invulnerabilità agli occhi del mondo e soprattutto dei propri nemici. In una terra in cui si lotta per la sopravvivenza, dove il nemico del tuo nemico è tuo amico, ogni piccolo segno ha un significato. Quando noi pensiamo al mondo antico, foriero di enormi parallelismi, la città fortificata per eccellenza fu Atene, con le sue possenti mura, imponenti e impenetrabili, incubo dei nemici e assicurazione di supremazia per Atene. Sparta al contrario, non possedeva mura, non viveva nell’assicurazione data dalla pietra, ma dalla percezione. Dal timore dei propri nemici, che mai avrebbero osato attaccare la città guerriera. Sparta senza mura è l’immagine che più si avvicina a Israele, a come essa si percepiva sulla proiezione di una forza tributa da amici e nemici a Occidente come ad Oriente.
Dagli accordi di Abramo alla guerra
Da quel 7 di ottobre tutto è cambiato. La parola più comune nei giorni e nelle settimane successive al massacro dei Kibbutz era “shock”, la si poteva ascoltare per strada, leggerla sui giornali, e per tutti quella crisi psicologica rischiava di essere fatale per lo Stato ebraico. Israele si è rialzata, ha ricacciato dal proprio territorio i terroristi e ha poi deciso un cambio di passo totale nella sua strategia tanto in Palestina, quanto sullo scacchiere regionale.
Con il ritorno al governo di Netanyahu l’obiettivo israeliano è stato quello di superare le tensioni interne, quelle con i palestinesi – ritenute irrisolvibili sul piano pratico nel breve periodo -, del resto è difficile concludere una pace con chi non riconosce e accetta l’esistenza di Israele. Cosi la diplomazia israeliana spalleggiata da quella Usa ha iniziato a tessere la tela di quelli che oggi conosciamo come “accordi di Abramo”, perché le nuove leadership arabe hanno cambiato orizzonte, pensano allo sviluppo, alla crescita economica, e non alla Jihad. Conclusa la prima fase degli accordi era chiaro che Israele mirasse alla definitiva regolarizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita. Non è un caso che gli attacchi del 7 ottobre fossero finalizzati a interrompere questo processo. La deterrenza di Israele consisteva proprio nel non accendere focolai interni, neanche con Hamas, rispondere se attaccati, difendersi dai continui lanci di razzi provenienti dalla Striscia, ma non avviare uno scontro diretto.
Sciiti contro sunniti
Ma con il 7 di ottobre è stato subito chiaro che l’“asse del male” aveva quale obiettivo quello di interrompere le relazioni arabo-israeliane, impedire che si creasse con il mondo sunnita quella sinergia che avrebbe minato le pretese egemoniche dell’Iran. Così lo Stato ebraico ha cambiato strategia, controllo militare di Gaza e distruzione della leadership di Hamas e di tutte le altre formazioni minori ostili e delle infrastrutture militari che i terroristi hanno utilizzato negli anni per colpire il territorio israeliano, operazione a nord mirata contro Hezbollah – vero braccio armato dell’Iran e spina nel fianco dello stato ebraico. Non è un caso che l’operazione che ha portato all’eliminazione del capo politico di Hezbollah Nasrallah si chiama appunto: “nuovo ordine”.
Nuovo ordine: ridisegnare Medio Oriente
Quel nuovo ordine che porta Gerusalemme a volere ridisegnare il Medio Oriente, e cancellare quello “shock” che la “Sparta del deserto” non può permettersi. La deterrenza non funziona, perché i nemici mortali di Israele non sono animati dalla strategia e dalla tattica, ma dall’odio, e contro l’odio la deterrenza non può funzionare a lungo, prima o poi si arriva alla resa dei conti. L’operazione in Libano, cosi come Gaza, e gli attacchi nello Yemen hanno come obbiettivo quello di tagliare i tentacoli della piovra prima di puntare al cuore dell’“asse del male” l’Iran. Capiremo se alle parole rivolte non a caso ai “persiani” da Netanyahu sulla “fine del regime iraniano” seguirà uno scontro diretto. Di certo c’è che i vecchi equilibri sono saltati e che Teheran è orami nel mirino di Israele.
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