«Nel XXI secolo siamo travolti da una smisurata quantità di informazioni, e nemmeno la censura riesce a limitarne il flusso. È invece impegnata a diffondere disinformazione o a distrarre la nostra attenzione con fatti irrilevanti […]. In un mondo del genere l’ultima cosa che può fare un insegnante è dare ai suoi allievi ulteriori informazioni. Ne hanno già troppe. La gente ha bisogno invece di strumenti critici per interpretare le informazioni, per distinguere ciò che è importante da ciò che è irrilevante, e soprattutto per poter inquadrare tutte le informazioni in un più ampio scenario mondiale».

La citazione di Yuval Noah Harari, uno dei massimi intellettuali contemporanei, identifica quello che è forse il problema dei problemi del nostro tempo: come diffondere il sapere a livello di massa nel dominio delle élite, che poi vuol dire come garantire una vera democrazia che per essere tale non può che fondarsi sulla conoscenza. Il saggio di Mario Caligiuri, che insegna Pedagogia generale all’Università della Calabria ed è uno dei più qualificati conoscitori di intelligence e di problemi dell’informazione, ha scritto questo libro esemplare per chiarezza: Maleducati – Educazione, disinformazione e democrazia in Italia, edito da Luiss University Press. Entra nel merito della questione, cioè del nesso pedagogia-democrazia nel quadro della crescente disinformazione-privatizzazione in atto a livello planetario e anzi destinata a sviluppi inquietanti e sconosciuti con l’avvento dell‘Intelligenza Artificiale.

Ecco il senso del libro. «Riducendo l’istruzione si indebolisce il cuore della democrazia, che è rappresentato da cittadini in grado di partecipare responsabilmente al dibattito politico, orientando in una qualche misura le decisioni pubbliche», scrive Caligiuri. Che poi spiega che in Italia il nuovo secolo ha assunto precise caratteristiche: «Un ruolo fondamentale viene svolto dal sistema mediatico e dalla comunicazione istituzionale. Contemporaneamente, la scuola italiana entra in un cono d’ombra, configurando uno spazio di grande incertezza, in coincidenza con l’instabilità del sistema politico. Pertanto, la correlazione tra prevalenza mediatica, crisi del sistema democratico e del sistema educativo appare evidente. Le società editoriali sono in mano a gruppi privati, le cui fortune imprenditoriali sono state originate per la gran parte dal ciclo del cemento. In particolare, per la televisione, il controllo della Rai da parte dei governi diventa fondamentale, mentre si consolida l’uso dei talk show, che trasmessi tutti i giorni della settimana, contribuiscono a radicalizzare lo scontro politico e a coinvolgere emotivamente i telespettatori, modificando anche la struttura del consenso elettorale».

Vale a dire che più decresce il livello (anzi, il senso) del sistema educativo, più aumenta il potere mediatico che si afferma (anche) causa della crisi del sistema critico. Siamo dunque nel bel mezzo della più dura crisi della democrazia. Crisi resa più evidente dal montare dell’antipolitica, «cioè la contestazione marcata delle istituzioni in carica, si è saldata con il Web che fa prevalere ancora di più l’emozione, producendo l’”effetto sciame” in base al quale nella Rete le ondate di consenso come rapidamente si innalzano, così rapidamente si spengono. In questo modo si sostituisce la politica con l’illusione della politica e ogni individuo diventa potenzialmente un partito, in una dimensione in cui tutto è fluido e mutevole, con le big company di Internet che applicano le tecniche del neuromarketing e perfezionano senza sosta l’Intelligenza Artificiale degli algoritmi predittivi».

Che fare? Caligiuri dedica grande spazio alla necessità di una «nuova pedagogia»: «Questo richiede un cambiamento strutturale delle politiche educative del nostro paese, rendendo scuole e università luoghi in cui apprendere più che insegnare, con la possibile espansione di corsi universitari accessibili gratuitamente per chiunque […] In una dimensione in cui tutto è fluido e indistinto, diventa fondamentale unire i punti e cogliere i segnali deboli, mettendo in evidenza l’importanza del metodo dell’intelligence, che serve per avvicinarsi alla sempre difficile comprensione della realtà».