L'arresto del boss dei Corleonesi
Come è stato arrestato Matteo Messina Denaro: dall’ipotesi trattativa di Baiardo al blitz della Maddalena
Chiaroveggenza, auspicio, wishful thinking? Sia come sia, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi aveva pronosticato l’arresto del latitante più ricercato sei giorni prima dell’avvenuta cattura di Matteo Messina Denaro. Certo, la formula non lasciava presagire un esito tanto ravvicinato: «Da ministro dell’Intero auspico, per giustizia nei confronti delle vittime, che Matteo Messina Denaro venga preso. La cattura del superlatitante sarebbe una notizia magnifica per la Sicilia e l’Italia. Confido nelle forze di polizia e magistratura».
L’incoraggiamento è servito a spronare qualche intuizione investigativa o c’erano delle piste già in corso che suggerivano al ministro di poter ben sperare? La felice predizione aveva avuto luogo a Trapani, durante la recente visita del ministro. Il luogo della cattura è insolito, per un super latitante: la clinica La Maddalena nel quartiere palermitano di San Lorenzo, un’area periferica recentemente urbanizzata e abitata da famiglie della media borghesia. Il vaticinio era stato accompagnato dal capo della polizia, Lamberto Giannini: «L’impegno e l’auspicio è quello di arrivare a questo risultato e dare al signor ministro questa notizia». Detto fatto, ecco che una pattuglia – di Carabinieri del Ros – circonda la casa di cura privata dove, coperto da un nome falso e non privo di ironia (si faceva passare per Andrea Bonafede, cognome dell’ex ministro della Giustizia grillino), Messina Denaro andava a sottoporsi a terapia oncologica per un tumore. Messina Denaro deve aver notato un movimento sospetto, una tensione nell’aria. Ed è uscito dalla clinica per infilarsi in un bar. Non proprio una fuga da Arsenio Lupin, per il 60enne malato che – fiaccato dalla malattia – secondo qualcuno si sarebbe voluto far arrestare.
Davanti a tutti, al carabiniere che lo ha raggiunto per identificarlo, non ha opposto resistenza e si è consegnato senza battere ciglio: “È lei Matteo Messina Denaro?”, “Sì, sono io”. La banalità del male, la chiamava Annah Arendt. E con lui viene arrestato l’autista, un trapanese che lo accompagnava negli spostamenti e che adesso potrebbe diventare prezioso per ricostruire la rete di protezione, il covo dove si nascondeva Messina Denaro e dunque tracciare la rotta – anche via Gps – dei contatti con le cellule di altri telefoni. Una previsione, quella del clamoroso arresto, che il pubblico di Massimo Giletti aveva sentito fare anche dal pentito Salvatore Baiardo solo due mesi fa. Proprio a inizio novembre, infatti, durante un’intervista di Non è l’Arena, Baiardo, ex mafioso che aveva coperto la latitanza dei fratelli Graviano, rivelò la possibilità che nelle settimane successive Messina Denaro si sarebbe potuto costituire, causa le gravi condizioni di salute. «E magari chi lo sa che avremo un regalino? Che magari un Matteo Messina Denaro sia molto malato e che faccia una trattativa lui stesso, di consegnarsi e fare un arresto clamoroso? E se così facendosi arrestare, uscisse senza clamore?» Troppe, due previsioni così ravvicinate, per non essere frutto delle stesse informazioni.
Ma ieri era il giorno della festa, non privo di eccessi retorici. A partire da quelli della premier, Giorgia Meloni: «Mi piace immaginare che questo possa essere il giorno nel quale viene celebrato il lavoro di tanti che si sono dedicati a questa causa, ed è una proposta che farò. Possiamo dire ai nostri figli che la mafia si può battere. Non abbiamo vinto la guerra, non abbiamo sconfitto la mafia ma questa battaglia era una battaglia fondamentale da vincere ed è un colpo duro per la criminalità organizzata». Mancava l’ennesima giornata solenne. Mentre tutte le personalità dello Stato, dal governo all’opposizione, si felicitano e si complimentano, ecco che il boss più temibile di tutti i tempi, il latitante più temuto del mondo, diventa il “capomafia di Castelvetrano (Tp)”.
Un declassamento obbligato, vista la dinamica con cui si è consegnato. La tigre in gabbia non fa più paura. Dopo il blitz nella clinica, l’ormai ex superlatitante è stato trasferito prima nella caserma San Lorenzo, poi all’aeroporto di Boccadifalco per essere portato in una struttura carceraria di massima sicurezza. La stessa cosa accadde al boss Totò Riina, arrestato il 15 gennaio di 30 anni fa. Per i magistrati non sembrano servire troppe visite mediche: già a una prima sommaria occhiata dichiarano che “lo stato di salute non è incompatibile con il regime carcerario”. Il procuratore aggiunto di Palermo ha anche specificato: «Matteo Messina Denaro recupererà la seduta di chemioterapia a cui doveva sottoporsi nei prossimi giorni in una struttura carceraria attrezzata per le cure oncologiche».
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