Mentre l’Intelligenza Artificiale (IA) si fa strada sempre più profondamente nei processi decisionali, le tecniche creative per sconfiggerla stanno guadagnando terreno. Un fenomeno interessante è quello relativo alla ricerca di lavoro online, dove si parla di un metodo di “hacking” chiamato “white fonting“. Questo stratagemma consiste nel copiare un elenco di parole chiave pertinenti o la descrizione del lavoro che si desidera, per poi incollarlo nel curriculum e cambiare il colore del carattere in bianco su bianco: l’obiettivo è che i bot di Intelligenza Artificiale o i filtri digitali nei sistemi di tracciamento dei candidati leggano il testo normalmente, e portino il curriculum all’attenzione dei reclutatori per la revisione umana.
Questo trucco ha attirato un nuovo interesse in un momento in cui molte persone in cerca di lavoro stanno riscontrando difficoltà nell’ottenere un impiego: di fronte a un mercato del lavoro sempre più competitivo, al volume di domande di lavoro che è esploso con nuovi processi di candidatura facile e alla crescente adozione della tecnologia, tra cui l’IA, da parte dei datori di lavoro, stratagemmi come questi possono fare la differenza tra essere “scartati a priori” o avere una chance, anche se – chiaramente – gli esperti di recruiting tendono a sconsigliare questa scorciatoia come rischiosa. Nel mondo delle risorse umane, la domanda su cosa si nasconda dietro la scelta del “white fonting” è aperta: si tratta di mancanza di integrità o di un’astuzia tecnologica? E questa è solo la punta dell’iceberg quando si tratta di tecniche usate per combattere i filtri IA nel processo di assunzione.
Uno scenario di conflitto sociale
Lo scenario creato da queste e altre pratiche, come anche della crescente componente AI dei processi senza supervisione umana, apre una nuova prospettiva sul mondo del lavoro e i suoi impatti sociali ed economici. Questa tendenza ha evidenti ripercussioni sul mercato del lavoro a livello globale e pone domande significative sull’etica e la sostenibilità di tali metodi.
La maggior parte dei recruiter utilizza i sistemi di tracciamento dei candidati o piattaforme software che aiutano a gestire le offerte di lavoro e candidati. Secondo Gartner, inoltre, fino alla metà dei datori di lavoro utilizzano l’IA in una parte del processo di assunzione. Il risultato? La tecnologia sta velocizzando il processo di assunzione ma sta anche rendendo più difficile per i candidati farsi notare: in un sistema governato dalle macchine non è l’esperienza che conta, ma le parole chiave utilizzate, la loro sequenza e soprattutto il gergo che la AI o i selezionatori stanno cercando. Non si tratta infatti di parlare e raccontare ad un essere umano l’intero bagaglio delle nostre esperienze, ma di sterili parole chiave in un testo da analizzare.
L’uso di queste tecniche può alimentare un clima di sfiducia tra candidati e datori di lavoro, poiché i primi cercano di ingannare i filtri IA e i secondi cercano di scoprire tali tattiche. Questo può portare a un declino della fiducia nel processo di assunzione, che potrebbe a sua volta influenzare negativamente la reputazione delle aziende.
Il ruolo dell’IA nella selezione dei candidati può anche avere effetti economici significativi: sicuramente l’’automatizzazione del processo di assunzione può ridurre i costi e aumentare l’efficienza per i datori di lavoro, tuttavia, potrebbe anche contribuire all’aumento della disuguaglianza economica, poiché i candidati che non hanno accesso a tali tecniche o che non sono consapevoli di come sfruttare l’IA possono essere svantaggiati a prescindere dalle loro competenze nel settore di appartenenza.
Infine, l’uso dell’IA nel processo di assunzione solleva questioni riguardo la privacy dei dati e la sicurezza: i candidati potrebbero essere preoccupati per come le loro informazioni personali vengono utilizzate e protette, mentre, l’uso di tecniche come il “white fonting” potrebbe minare la sicurezza dei sistemi IA, poiché tali tattiche potrebbero essere utilizzate per manipolare o ingannare i sistemi.
Un futuro di “uomo contro macchina”?
Guardando al futuro, possiamo prevedere alcuni scenari possibili: in un contesto in cui aumenta la competizione per le opportunità lavorative e l’IA diventa sempre più sofisticata, le tecniche come il “white fonting” potrebbero diventare più comuni, forse anche una sorta di tacito “strandard”, mentre sicuramente le aziende investiranno in tecnologie più avanzate per identificare e neutralizzare tali tattiche.
Ma niente di nuovo sotto il sole, dato che già “Future of Work: Robots, AI, and Automation“, di Darrell West, direttore del Center for Technology Innovation della Brookings Institution, discuteva il futuro del lavoro nell’era dell’IA. E sostiene che l’IA avrà un impatto profondo sul mondo del lavoro, ma che la sua portata esatta è ancora incerta. Secondo West, il futuro del lavoro dipenderà da come le aziende, i governi e le società rispondono alle sfide poste dall’IA, inclusa la questione di come gestire le tecniche come il “white fonting”.
Un altro esperto, Thomas Davenport, autore di “The AI Advantage: How to Put the Artificial Intelligence Revolution to Work”, sostiene che l’IA avrà un ruolo sempre più centrale nel processo di assunzione ma arrivando ad idee leggermente differenti: secondo l’autore infatti è da sottolineare non la capacità delle macchina, ma l’importanza di combinare l’IA con l’intervento umano per garantire che il processo di assunzione sia equo e trasparente.
In definitiva, il futuro del mondo del lavoro nell’era dell’IA è incerto. Nonostante le numerose previsioni, la direzione esatta che prenderà dipenderà da una varietà di fattori, tra cui le decisioni delle aziende, le politiche governative, le innovazioni tecnologiche e le risposte dei lavoratori e dei candidati.
La domanda che tutti dovremmo porci è: che tipo di futuro del lavoro vogliamo?
Vogliamo un futuro in cui l’IA domina il processo di assunzione, o vogliamo un futuro in cui l’IA è uno strumento per aiutare gli esseri umani a prendere decisioni migliori?