La comunicazione logora chi ce l’ha
Come i politici pagano a caro prezzo gli errori di comunicazione: le cadute nella giungla dei social network
La rubrica “Social spin” di Domenico Giordano, spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore

Il potere logora chi non ce l’ha, amava ripetere il divo Giulio senza dover aggiungere null’altro a questa perla di antropologia politica. La summa andreottiana a distanza di decenni non ha perso neanche un grammo della sua efficacia, quindi con cautela la prendo a prestito con l’ambizione di riformularla. Oggi, con altrettanta efficacia, potremmo dire che la comunicazione logora chi ce l’ha, anzi considerata la pervasività della dimensione digitale nella quale siamo tutti immersi per circa un quarto della nostra giornata, la comunicazione social logora e a volte pialla del tutto i nostri politici.
Nella giungla dei social network, non è sufficiente aver preso al volo qualche volta la liana dell’hype per evitare poi di cadere rovinosamente a terra e lasciare nella polvere una reputazione faticosamente costruita. Ci vuole tanta perizia, ma soprattutto, una strategia che sappia miscelare all’occorrenza dosi di cautela con la ricerca di una chiara identità. Insomma, non è sempre conveniente che il politico si metta a inseguire tutte le polarizzazioni dell’emotività, per la sola ebbrezza di saper domare le onde dell’indignazione.
Gli esempi da fare, soltanto limitandoci a questo primo scorcio della XIX legislatura, sono già parecchi e alcuni di questi possono essere presi come casi di studio per evitare di cadere in futuro nelle medesime trappole. In verità, già in campagna elettorale abbiamo registrato il caso di alcuni candidati che hanno dovuto riporre in tutta fretta i manifesti già stampati perché colpiti dall’ira funesta da vecchi tweet riemersi dall’oblio digitale. Raffaele la Regina, candidato di punta del PD in Basilicata è costretto ad alzare bandiera bianca è rinunciare a un seggio sicuro in Parlamento per l’effetto boomerang di suoi tweet e post contro Israele.
Il neo deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Aboubakar Soumahoro, fa il suo ingresso alla Camera calzando sotto all’abito blu gli stessi stivali che indossando nei campi le migliaia di “sans papiers” che raccolgono pomodori: “gli stessi che hanno calpestato il fango della miseria. Portiamo gli stivali della lotta nel Palazzo per rappresentare sofferenze, desideri, speranze. Per chi è sfruttato e chi ha fame. Coi piedi saldi nella realtà”, così scriveva Soumahoro nel post che incassa oltre 25 mila interazioni e che trasforma l’onorevole nella stella nascente contesa da più parti di una sinistra ancora stordita dalla batosta elettorale.
Solo che giusto tre settimane dopo i media riprendono le indagini della Procura di Latina sulla gestione, a dir poco allegra, delle cooperative che si occupano di accoglienza, strutture gestiste dalla suocera e dalla moglie, e il mito social del sindacalista di origini ivoriane diventato deputato si sgonfia più velocemente di come sia cresciuto. Come detto, in questi nove mesi di esempi di come il tritacarne della comunicazione online abbia logorato politici scafati o peones ce ne sono diversi. Dentro ci sono finiti a più riprese i ministri Matteo Piantedosi, con il suo “carico residuale” a proposito dei 35 migranti che il governo ha costretto a restare a bordo dell’Ong tedesca Humanity 1, e Francesco Lollobrigida che a proposito del calo demografico ha sottolineato come “non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica”.
In loro compagnia, ci sono pure il segretario dem Elly Schlein e il suo scivolone, che si porterà appresso per un bel po’, sulle consulenze orarie dell’armocromista che le consiglia gli abbinamenti per l’outfit o il presidente del Senato, Ignazio La Russa quando si lancia nella polemica sull’antifascismo assente nella Costituzione.
In sintesi, un tempo i partiti che conoscevano i rischi del mestiere educavano le loro classi dirigenti a gestire il potere per non esserne travolti e stravolti, invece oggi che la personalizzazione e la leaderizzazione ha divorato quel che restava dei partiti di massa, gli errori di comunicazione, il nuovo potere da maneggiare con cautela, li pagano direttamente e a caro prezzo i politici in prima persona.
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