Il microrganismo del terrore
Come il Coronavirus inganna le nostre cellule, un cavallo di Troia che infetta

Un virus è un microrganismo che non dispone di organi suoi. Qualcuno si ricorda Modok nei fumetti di Capitan America? Ma sì, quel suo nemico che era solo una grande testa? Aveva bisogno di un corpo bionico da comandare, perché altrimenti non poteva neanche lavarsi la faccia… Così il virus. Il virus non ha organi propri, a differenza di un batterio che, pur essendo costituito da una sola cellula, ha degli organelli in grado di farlo campare decentemente e di svolgere tutte le funzioni biologiche, come nutrirsi, muoversi, respirare, riprodursi.
Un virus non può fare tutto questo. Un virus è Inseminator. L’unica cosa che fa è aggredire le cellule, inserirsi al loro interno, o semplicemente spremervi dentro il suo corredo genetico, con la forza o con l’inganno. I virus che spremono gli acidi nucleici nella cellula, come una siringa che inietta il liquido con un’intramuscolare, sono ad esempio quelli che infettano i batteri, detti batteriofagi o “fagi”. Il coronavirus invece è ancora più subdolo. Lui raggira le cellule… Sappiamo ormai che il coronavirus si chiama così perché sulla sua superficie sferica ha delle protuberanze, degli aculei, che in foto appaiono come una corona di spine. Queste spine non sono per bellezza, hanno una funzione ingannevole, gli servono per travestirsi.
In Matrix, un segnale entra nel computer centrale camuffato da fax. Ulisse lega i suoi compagni sotto il ventre delle pecore, perché Polifemo, tastando solo il dorso, non si accorga del loro passaggio. La rana pescatrice, o coda di rospo, ha un’appendice sopra la testa, che pende davanti alla bocca e che sembra un succulento vermetto. Quando un pesciolino ignaro si avvicina per mangiarlo, scatta la trappola. La rana pescatrice fa un balzo in avanti e lo inghiotte.
In natura l’inganno è uno dei sistemi classici per catturare la preda. La preda dei virus sono le cellule e la preda del Covid19 sono alcune cellule del nostro corpo. Le cellule predate dal Covid19 hanno anch’esse delle escrescenze sulla loro parete esterna, con in cima dei sensori che servono per riconoscere una certa proteina necessaria al metabolismo cellulare. Quando il sensore avverte la presenza di questa proteina, la aggancia, apre un varco nella sua parete e la fa entrare. E cosa fa il Covid19? Con le sue spine imita la struttura molecolare della proteina, in modo tale che il sensore, ingannato, lo agganci, dia l’ordine di ingresso e venga così ammesso dentro alla cellula.
In pratica, il Covid ha avuto la stessa idea del cavallo di Troia: Camuffarsi in modo di essere accettato all’interno seza dover combattere, anzi essendo accolto con tutti gli onori, con l’ulteriore vantaggio di non avere né il contrasto di un Laocoonte, né bisogno dell’intervento di un Sinone. Gli Achei non erano probabilmente fini conoscitori della biologia molecolare, ma questo è un caso classico di convergenza evolutiva. In contesti anche molto diversi, si giunge alla stessa soluzione per due problemi analoghi.
Una volta dentro, come dal cavallo fuoriescono i guerrieri, così dal virus fuoriesce il materiale genetico, che prende il controllo delle funzioni riproduttive della cellula e la obbliga a partorire altri virus. Un utero in affitto, senza il consenso, anzi all’insaputa, della futura gestante. La cellula è indispensabile al virus, come il corpo bionico al capoccione nemico di Capitan America. Per questo si dice che il virus è un parassita necessario o obbligato. Il virus è un dispositivo azionato dai meccanismi di affinità chimica. Non si riproduce perché si diverte a fare sesso, si riproduce perché è programmato per quello scopo dall’evoluzione naturale.
Non ha volontà, ma neanche istinto, perché non ha un cervello, o un sistema nervoso. Il virus è un’entità molto semplice, con pochi pezzi. E quello che ha pochi pezzi non si rompe, né può venire sabotato facilmente. È abbastanza agevole far inceppare una macchina complicata, basta bloccare uno dei molti ingranaggi. Ma provate a bloccare un masso che precipita lungo un dirupo! Non c’è niente da sabotare, non c’è un sistema che si possa disattivare, non c’è un congegno complesso da disinnescare. È un solo blocco inerte, che viene animato e guidato dalla forza bruta di gravità. Allo stesso modo, il virus è animato e guidato dai potenziali chimici. Il virus non è un essere vivente, ma una macchina biochimica. Ed è con la biochimica che si può tentare di combatterlo.
In molti ci stanno provando, in giro per il mondo. Ci sono centinaia e centinaia di laboratori all’opera in questo preciso momento, in una gara contro il tempo. Diversi sono i messaggi confortanti e promettenti di scoperte che potrebbero condurre alla sintesi di un vaccino per prevenire l’infezione, o alla produzione di farmaci antivirali, per combatterla. Il problema sono però i tempi. Il contagio avanza velocemente. Per ora, con la stessa legge della moltiplicazione batterica. Da un batterio, per scissione ne nascono due; da quei due, quattro; dai quattro, otto. E poi sedici, trentadue, sessantaquattro, centoventotto, cioè le potenze di due.
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