L'esempio
Come la Spagna combatte la violenza domestica nei giorni della convivenza forzata
“Mascarilla-19” è la campagna che il premier Pedro Sanchez ha lanciato in Spagna per non dimenticare le donne – in casa per le misure anti Covid-19, esposte così a ricevere in troppe situazioni familiari dosi massicce di violenza e senza via di fuga- nell’impegno complessivo a sconfiggere il maledetto nemico invisibile. Non è l’introduzione di un tema distrattivo rispetto al problema principale, ma è un aspetto che non può essere trascurato e che deve essere trattato congiuntamente.
È questo il messaggio lanciato da Sanchez, per tenere insieme le due emergenze, quella del virus e quella della violenza, con buona pace di chi sostiene che oggi dobbiamo occuparci di altro. Il nostro altro è anche la sofferenza infinita e senza speranza che si consuma dentro quelle case che si trasformano da luogo di custodia in luogo di tortura. Il nostro altro sono i figli innocenti che, non andando a scuola ed essendo anche loro costretti in casa, assistono a episodi violenti dentro quelle mura. Quei figli che allo stesso tempo assistono alla disintegrazione delle due figure fondamentali della loro vita e della loro costruzione identitaria.
Non occuparsi di questo sarebbe come dire agli ospedali di chiudere tutti i reparti che non si occupano delle patologie indotte dal coronavirus perché oggi dobbiamo solo fronteggiare questo problema. Una decisione che priverebbe delle cure necessarie una fetta importante della popolazione perché la vita è in quanto tale complessa e non esiste l’emersione di un problema alla volta.
È in questa ottica che nei giorni scorsi, ancor prima dell’iniziativa spagnola, abbiamo predisposto la lettera-appello al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di non dimenticarsi delle donne che subiscono violenza e di mostrare loro la vicinanza delle istituzioni. Nella conferenza stampa che preannunciava la stretta ulteriore alle disposizioni già emanate, una frase ha colpito più delle altre. Il premier ha rassicurato i cittadini che lo “Stato c’è”. È così: le cose cambiano quando lo Stato si mette in prima linea per fare in modo che le cose cambino per davvero e non si tira indietro.
È questa la natura di una lettera appello, di cui sono promotrice insieme a Fabrizia Giuliani, indirizzata a Conte e ai ministri Luciana Lamorgese, Roberto Speranza, Nunzia Catalfo, Alfonso Bonafede e Roberto Gualtieri e al Sottosegretario Andrea Martella: avviare una campagna di comunicazione pubblica che segnali la presenza dello Stato mediante la diffusione del numero verde 1522 al quale le donne possono rivolgersi per denunciare le violenza subite, oppure scaricare le app che permettono di non doversi nascondere per parlare e che attivano un sistema di geo-localizzazione per cui le forze dell’ordine possono intervenire.
Abbiamo chiesto di dare un senso a tutto il lavoro che è stato egregiamente svolto dalle nostre istituzioni sul piano normativo per l’adeguamento delle legislazione in questa materia e adottare ogni misura necessaria, nei luoghi di raccolta delle denunce e nei luoghi di cura, perché si vigili in maniera capillare sull’applicazione di questa raffinata e completa procedura. Non dimentichiamoci delle donne, l’emergenza nell’emergenza. Facciamo come in Spagna.
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