La cattura del boss dei Corleonesi
Come si è nascosto per 30 anni Matteo Messina Denaro, Uomo invisibile dai modi garbati
Questo arresto calmo, consenziente, che chiude un’epoca ma non è ben chiaro quale, dovrebbe suscitare qualche domanda. Quest’uomo a quanto pare ha vissuto trent’anni in luoghi che nel linguaggio spionistico si chiamano safe house, rifugi banali e protetti. Non era affatto il capo dei capi di Cosa Nostra, come giustamente ha ricordato Marcelle Padovani – una delle poche persone che ha capito bene la mafia – perché nessuna “commissione” l’aveva eletto a quella carica, ed era soltanto l’ultimo latitante dell’epoca in cui Falcone (non più procuratore ma soltanto direttore delle carceri) indagava a titolo di pura cortesia istituzionale (su richiesta del Presidente della Repubblica Cossiga, messo in allarme dall’ambasciatore russo Yuri Adamishin) sul gigantesco traffico di denaro uscito dalle casse della ex Unione Sovietica e portato in Europa per essere riciclato e poi redistribuito ad alcuni facilitatori italiani e quindi nelle mani degli oligarchi russi.
Falcone si serviva di Paolo Borsellino per gli strumenti tecnici di cui non disponeva più e Giulio Andreotti gli aveva fornito quelli diplomatici per lavorare con i procuratori russi. La fine è arcinota, anche per le mostruose modalità dei due delitti, totalmente estranee agli usi e costumi di Cosa Nostra. Nessuno ha poi saputo indicare un movente credibile e attuale, visto che Cosa Nostra non assegna Oscar alla carriera, e non dichiara guerra allo Stato, che cerca semmai di infiltrare e corrompere. Accaddero invece fatti gravissimi, totalmente estranei agli usi e costumi della mafia: Cosa Nostra sbarcò sulla penisola e praticò forme di terrorismo cieco e dinamitardo contro monumenti e persone innocenti a Roma, Firenze e Milano. Si ottenne così l’effetto di una dichiarazione di guerra di Cosa Nostra allo Stato, il cui impatto emotivo superò per qualche tempo quello delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Si accreditò così l’idea che una demenziale e sanguinosa guerra guerreggiata fosse in corso e ciò rese non assurdo ma anzi probabile il fatto che quella stessa guerra fosse poi composta con una segretissima e vergognosa trattativa fra Stato e mafia. Matteo Messina Denaro è l’uomo che sapeva tutto e che eseguiva direttive di un Totò Riina trasformatosi in un Catilina megalomane. Il malato oncologico che si è lasciato placidamente avvicinare da un ufficiale dei carabinieri al quale ha declinato il proprio nome e cognome, tutto è salvo che un pazzo megalomane: è un uomo ragionevole, di una discreta cultura, capace di passare inosservato tra la folla per trent’anni vivendo una vita priva di altre ansie salvo quella di aver scoperto di essere un malato di cancro, diventando così un frequentatore delle strutture sanitarie. In quel contesto viene individuato e catturato con rassegnata docilità e nessuna sorpresa. Come era ampiamente prevedibile, opinione pubblica e giornali trovano del tutto straordinario che quest’uomo abbia vissuto come l’Uomo Invisibile per il tempo di una generazione che se ne è andata, sostituita da una nuova del tutto disinteressata a sapere.
Stando ai fatti, quest’uomo malato e ragionevole, dovrebbe conoscere per filo e per segno tutto sulla dissennata guerra che si concluse nel nulla, lasciando però un grande pascolo aperto a chi aveva interesse a guardare il dito della inesistente trattativa anziché la Luna dei moventi e delle modalità degli omicidi di Falcone e Borsellino. Le sentenze hanno dichiarato che non c’è stata alcuna trattativa, sicché è lecito sospettare che anche la strana guerra portata nella Penisola a colpi di bombe facesse parte di un geniale piano di distrazione di massa perfettamente adeguato al dirottamento. Ed ecco che i due poveri magistrati assassinati, vengono assunti nel cielo degli eroi, diventano oggetto di culto popolare ma le vere cause della loro morte vengono tralasciate per dare spazio alla grande questione della trattativa in grazia della quale la guerra, così com’era misteriosamente cominciata, misteriosamente termina.
Matteo Messina Denaro è l’unico testimone vivente e operante in grado di raccontare come andarono davvero le cose, chi ebbe l’idea di inventare una guerra terroristica sul continente per farne scaturire, una trattativa e una pace che hanno ottenuto l’effetto desiderato. Davvero un latitante così intelligente, dai modi garbati e dalla vita irreprensibile, salvo qualche sfarzo nella scelta delle camicie, ha potuto diventare invisibile fin quando non è apparso sui registri sanitari? Certamente il Ros ha compiuto un’operazione all’altezza della sua eccellente fama non tanto e non solo come corpo di super polizia specializzata in crimini e trame, ma anche come organismo in grado di valutare i pro, i contro, le conseguenze e i tempi. Pensiamo che il ministro Nordio avrà modo di considerare le connessioni che in trent’anni sono macerate nell’oblio ma che possono essere ricostruite e rivelate.
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