Un classico inglese
Comicità letteraria da portare in vacanza: “Alla buon’ora, Jeeves!”, i dialoghi di Wodehouse ci sbalzano in un altro tempo
Divertimento puro e di gran classe: questo è P. G. Wodehouse, maestro di comicità letteraria che è il caso di rileggere, magari portandoselo in vacanza. Ed è merito di Sellerio la ripubblicazione del suo primo romanzo, “Alla buon’ora, Jeeves“, un classico della letteratura inglese.
La traduttrice Barbara Masini ha scritto nell’introduzione che questo è un libro di cui godere «quando non dobbiamo correre da nessuna parte ma vogliamo lo stesso essere altrove», che è una bellissima definizione. Seguendo le grandi trame e i formidabili dialoghi di Wodehouse veniamo sbalzati in un altro tempo, che poi sembra il nostro. Il tutto in compagnia di una serie di improbabili personaggi: cugini, amici d’infanzia, zie e zii che definire svampiti è limitante, agricoltori e allevatori ossessionati dall’idea di vincere primi premi per gli ortaggi o i maiali migliori della contea. Su tutti svetta il protagonista e narratore Bertram «Bertie» Wooster, i cui piani si risolvono in disastri peggiori, perché i fatti caparbi si ribellano alle buone intenzioni.
Nel labirintico garbuglio della storia ecco l’impareggiabile Jeeves, il maggiordomo, inappuntabile e con una reputazione di «cervello», quanto il suo datore di lavoro è invece stimato da tutti uno scioccone, oppure «un asino» o «un Attila», a seconda dei pasticci che crea. L’intreccio prende il lettore secondo la geometria del romanzo british classico e la maestria di Wodehouse che ha davvero pochi rivali. Il tutto con il sorriso che ci lascia solo all’ultima pagina.
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