Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito sulla commemorazione Acca Larentia. Giuste le polemiche che sono scaturite? Contrario Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia, che sostiene: “si ripete da 46 anni con tutti i governi di ogni colore”. Favorevole il senatore del Partito Democratico Alfredo Bazoli secondo il quale “è spontanea l’indignazione che scaturisce a fronte di manifestazioni così sfrontate.”

Qui il commento di Fabio Rampelli:

È rimasta senza colpevoli la tragica uccisione di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, tre giovani del Fronte della Gioventù rimasti uccisi davanti alla sezione del MSI di Acca Larenzia nel 1978. Franco e Francesco furono freddati il 7 gennaio di 46 anni fa per mano di un commando comunista che doveva addestrarsi per poter  entrare poi nelle Brigate Rosse. Stefano Recchioni si recò invece il giorno dopo al Tuscolano per esprimere con mille altre persone la sua indignazione per quella mattanza, ma incontrò sulla sua strada un carabiniere impazzito che sparò ad altezza d’uomo nella folla colpendolo in testa. Dopo un giorno di coma morì.

È questo l’elemento dal quale vorrei partire per fare un ragionamento nella speranza che il Parlamento  approvi unanimemente la proposta di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla violenza politica di quegli anni, che abbia il compito di accertare la verità storica. Non c’è intenzione di scavare ancora sulle grandi tragedie cui la magistratura ha già lungamente indagato con alterne fortune. Vorrei che il lavoro si concentrasse su questi ‘figli di un Dio minore’, di destra e di sinistra, ragazzi talvolta minorenni di fronte alle cui morti lo Stato si è voltato dall’altra parte.

La disarmante mancanza di colpevoli è un fatto incontrovertibile ma né Elly SchleinGiuseppe Conte hanno detto nulla. Nessuna espressione di umana pietà nei confronti delle famiglie e della comunità politica che ha subito quella tragedia. Nelle crescenti accuse, non ho sentito una voce esprimere lo scandalo per la giustizia negata. Nonostante questa voragine nella quale sprofondò lo Stato di diritto, la sinistra si concentra sui saluti romani a opera di personaggi che non hanno nulla a che vedere con Fratelli d’Italia, chiedendo come un disco rotto una presa di distanza che da decenni è nei fatti. Lo fa agitando lo spettro del fascismo, eludendo la domanda più importante su cui è opportuno indagare: chi ha armato quei ragazzi protagonisti di una vera e propria guerra civile strisciante negli anni ‘70? Chi ha messo loro in mano cariche di tritolo e armi da guerra?

La negazione della giustizia è già di per sé una violenza ben lontana dalla democrazia e molto più vicina al fascismo e ai regimi totalitari di ogni segno ideologico.

Il 7 gennaio del 1978 resterà per sempre nella memoria della destra non soltanto per la terribile sciagura che si abbatté sulle famiglie dei tre ragazzi neanche ventenni e sulla loro comunità, ma anche per la profonda cicatrice che produsse. Nell’attesa vana che lo Stato facesse qualcosa si consumò la rabbia di migliaia di giovani che speravano in un’indagine, in un processo, in un colpevole. Niente di tutto questo accadde, esattamente come per gli assassinii di altri ragazzi innocenti, di entrambi gli schieramenti. Quelle esistenze soppresse furono cancellate dalle cronache, non divennero mai filoni processuali. Il trauma a destra fu profondo per questa giustizia sistematicamente negata, da lì prese perfino forma lo ‘spontaneismo armato’.

Reazione ignobile che finì per diffondere altro dolore. Ci stupisce che oggi si possa parlare della commemorazione sbagliata, che si ripete da 46 anni con tutti i governi di ogni colore, con centinaia di braccia tese (giusto ma insufficiente) senza interrogarci su cosa fare per porre rimedio all’impunità dei macellai terroristi. Oggi per certa sinistra strabica e smemorata e per alcuni media, il pericolo torna a essere il fascismo, il problema diventa la dissociazione del presidente Meloni dai saluti romani, come se fossero stati fatti in una manifestazione del suo partito, come se il Capo del governo non avesse già confermato l’incompatibilità di FDI con il ventennio. Direi, usando l’espressione di Lenin: l’estremismo è la malattia infantile del comunismo. È questa malattia che impedisce di vedere l’evoluzione di Fratelli d’Italia. Sicuro di poter rappresentare il percorso democratico di un movimento nato 12 anni fa, le cui radici affondano nel Msi e crebbero in An, non rivendico solo la sottoscrizione delle tesi di Fiuggi, ma soprattutto la loro anticipazione di almeno dieci anni. Non eravamo famosi e raramente le nostre trasgressioni finivano sui Tg, ma la destra nostalgica ci marginalizzava perché la volevano trasformare. E così è stato.

Lo facemmo rinunciando ai ritualismi e agli orpelli ideologici, rompendo con veemenza il legame con il passato, creando il tragitto per una destra di governo, dedicandoci all’associazionismo, alla solidarietà, all’ambiente, alla cultura, alle politiche sociali. Ma non abbiamo mai rinunciato a commemorare i nostri ragazzi uccisi barbaramente. Avremmo potuto prendere le distanze con una dichiarazione, facile, e invece abbiamo preso oltre 25 anni fa la decisione di non mettere piede al raduno serale di Acca Larenzia. I nostri ragazzi alla stessa ora si ritrovano nel quadrante opposto della città, nel Parco della Rimembranza a Villa Glori, in una composta fiaccolata in doppia fila fino a raggiungere l’albero piantato allora come simbolo di vita e di rinascita. Lo facciamo ogni anno davanti a quei sudari e a quei sacrari, portando le corone del dolore e il nostro cuore, sempre gonfio dalla  disperazione per la verità mai conquistata. Ma anche trasmettendo ai nostri caduti la certezza che il loro sacrificio non sarebbe stato vano. L’Italia per la quale si battevano non è più quel sogno irraggiungibile che ha finito per spezzare tante vite, ma una realtà da costruire giorno dopo giorno, facendo prevalere gli interessi della nazione a quelli della fazione. Il futuro sul trapassato.

Fabio Rampelli

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