L'intervista
Commissione UE, a Šuica il Portafoglio del Mediterraneo, Di Caterina: “Snellirà un sistema complesso, grande opportunità per l’Italia. I porti rischiano di perdere traffico”
Nello scacchiere della Commissione Ue trova spazio anche la tanto attesa figura ad hoc per il Mediterraneo. La nomina della croata Dubravka Šuica viene accolta con il sorriso da Marcello Di Caterina, direttore generale dell’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile: «È una grande opportunità». Una sfida cruciale a cui – sottolinea il vicepresidente di Alis – bisognerà affiancare la tutela del settore portuale europeo.
La croata Dubravka Suica sarà commissaria europea al Mediterraneo. Può essere una vera opportunità o potrebbe rivelarsi l’ennesima figura dagli effetti fumosi? Quali benefici può trarne l’Italia?
«Secondo noi è una grande opportunità, anche alla luce degli attuali scenari geopolitici. È necessario per mantenere forte la coesione tra i paesi che si affacciano sul bacino e rafforzare il coordinamento degli obiettivi da perseguire e delle politiche a supporto degli stessi. Inoltre può aiutare a snellire la capacità di interloquire con un sistema europeo spesso complesso, sia per le associazioni che per le istituzioni, e può permettere di raggiungere importanti risultati a supporto del Mediterraneo e quindi di tutta Europa. Siamo quindi fiduciosi che tale nomina sarà importante per il nostro Paese, ovviamente anche attraverso un lavoro congiunto con il commissario Fitto che ha ricevuto le importanti deleghe della Coesione e delle Riforme».
La prossima data da cerchiare in rosso è l’1 gennaio 2025, quando entrerà in vigore anche il Fuel EU Maritime nel trasporto marittimo, ad un anno dall’introduzione del sistema ETS. Quale impatto è stimato per i prossimi anni?
«L’impatto economico del sistema di tassazione EU-ETS sul naviglio a livello europeo è stimato di oltre 3 miliardi di euro nel 2024 e oltre 7 miliardi di euro dal 2026 (quando l’applicazione sarà al 100%). Per il Fuel EU Maritime si stima un impatto economico a livello europeo pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel quinquennio 2025-2030 e di oltre 65 miliardi al 2050. Dopo l’ETS che sta iper-tassando il settore marittimo a danno delle imprese e dei consumatori finali (quindi dei cittadini europei), ci stiamo avvicinando all’entrata in vigore nel 2025 del Regolamento Fuel EU Maritime, che richiede l’utilizzo di bio-carburanti non ancora disponibili».
A quali pesanti ricadute va incontro il settore portuale europeo?
«L’ETS sta già comportando non solo l’inevitabile incremento del costo del trasporto marittimo da e per i porti della Ue, ma anche effetti sulla concorrenza modale dal momento che rende tale modalità meno competitiva rispetto alle altre. La Ue corre il rischio di generare un dannoso “back shift” modale verso il trasporto stradale, comportando il paradossale aumento delle emissioni inquinanti».
In sostanza il rischio è quello di una delocalizzazione verso i porti del Nord Africa…
«Esattamente, ma non solo. Il tema riguarda il calo significativo di traffici a vantaggio dei porti extra-UE esclusi dall’ETS e, di conseguenza, la perdita di competitività dei porti europei del bacino del Mediterraneo, ma anche ulteriori impatti negativi come quelli che si genereranno sull’occupazione e sugli investimenti nel settore».
Quali sono quindi i principali porti italiani che rischiano di perdere i loro traffici?
«Tutti, perché l’Italia rappresenta l’hub strategico naturale nell’area euro-mediterranea e i nostri porti giocano un ruolo strategico nel commercio marittimo globale. L’ultimo Rapporto 2024 di SRM, presentato a luglio, ci ricorda che circa il 47% della movimentazione marittima italiana avviene nei porti del Sud e quindi sono notevolmente a rischio dal momento che svolgono un’importante funzione al servizio di tutta l’economia nazionale».
Il suo monito è rivolto a tutti gli Stati membri della Ue o ce l’ha con qualcuno in particolare?
«Non ci riferiamo a paesi specifici, ma è una visione di buonsenso affinché non vengano colpiti imprese e cittadini degli Stati membri e non venga impattato il settore del trasporto marittimo che rappresenta il 90% degli scambi commerciali mondiali e che produce solo il 2,5% delle emissioni globali. Ovviamente alcuni paesi sono meno sensibili a certe problematiche perché non hanno il mare e nella loro economia la “blue economy” non rappresenta alcuna voce strategica. Per l’Italia e per i paesi del Mediterraneo il discorso è diverso: il mare è inteso come una risorsa da valorizzare e non da penalizzare e per questo dovremmo andare a Bruxelles con una voce ancor più compatta».
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