Benvenuti nel pantano, con vista su Bruxelles. La decisione delle sinistre (Liberali, Verdi, The Left e S&D) di alzare il muro durante l’audizione del primo candidato commissario e vicepresidente Ue, Raffaele Fitto, ha innescato reazioni a catena: il rinvio del voto alla prossima settimana (anche per l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas), la scelta dei popolari spagnoli di votare contro la connazionale Teresa Ribera (designata alla Transizione ecologica), la scelta di Alternative für Deutschland di sostenere l’italiano.

Insomma, è bastata una manciata di ore a far vacillare la precaria tregua di una Commissione che prende i voti (anche) dalla sinistra e che guarda a destra, verso Giorgia Meloni. Il tutto durante “l’interrogatorio” di Fitto, designato dal governo italiano ma con una lunga storia politica alle spalle. Con il Pd che per l’ennesima volta si spacca platealmente: i riformisti incoraggiano l’ex presidente della Regione Puglia (“Penso che sia andato bene”, commenta il dem campano Raffaele Topo), mentre il cerchio magico di Elly Schlein si appresta a votare contro (Sandro Ruotolo, Marco Tarquinio, Brando Benifei). Il punto della giornata lo coglie l’ex primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, che spiega: “Anche se Fitto venisse promosso, rimane il voto del collegio a dicembre e non escludo che la Commissione non possa essere votata se la von der Leyen non chiarisce qual è la maggioranza”. E Meloni attacca la segretaria dem: “Vorrei sapere se questa è la sua posizione ufficiale: sottrarre all’Italia una posizione apicale per impedirle di avere una maggiore influenza anche su settori chiave come agricoltura, pesca, turismo, trasporti e infrastrutture strategiche. Possibile che preferisca mettere il proprio partito davanti all’interesse collettivo?”.

Le audizioni dei 6 vicepresidenti sarebbero l’ennesima prova d’appello per la presidente Ursula, alle prese con un altro esame di “ripetizione”. Accusata, senza mezze misure, di voler aprire le porte ai “barbari”. La vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti non ha rasserenato gli animi: la sinistra, colta dalla sindrome dell’assedio, tenta di difendere il fortino; la destra prova a dare l’assalto finale, forte anche dei problemi dei socialdemocratici in Germania.

Schiacciato in mezzo Fitto, che pure ha fornito alla commissione Regi ampie rassicurazioni sui suoi obiettivi di mandato, inserendoli anche all’interno del suo personale percorso politico (tanto da attirarsi il risentimento dell’eurodeputato forzista Fulvio Martusciello: “Forse ci poteva mettere un po’ più orgoglio di appartenenza al governo Meloni”). “Questa sala è intitolata ad Alcide De Gasperi – ha detto ai commissari – uno dei padri fondatori dell’Europa. Un uomo che con lungimiranza, oltre 75 anni fa, pensava all’Unione europea della Difesa. Bisogna ricordare da dove veniamo, per avere una prospettiva seria e credibile”. Difendendosi appassionatamente dalle accuse di aver preso in passato, quando era eurodeputato per il gruppo dei conservatori Ecr, posizioni considerate incompatibili con il ruolo che è chiamato ad assumere oggi: “Ognuno di noi ha un percorso politico, e il dibattito su un tema in Parlamento per un parlamentare europeo è una cosa, un ruolo istituzionale è un altro”.

Fatica sprecata, perché la guerra per interposta persona era già scattata e ampiamente annunciata. Con il M5S che mette nel mirino il Pd. “I dem camminano in punta di piedi e sul voto su Raffaele Fitto al Parlamento europeo rimangono in sordina, accampando scuse. Forse decideranno di approvare la nomina del braccio destro di Meloni?”, insinua la pentastellata Ketty Damante. Un comportamento che fa saltare i nervi alla deputata di Forza Italia Isabella De Monte: “Il Pd si spacca tra il via libera responsabile dei riformisti e l’opposizione dura degli eurodeputati più vicini alla segretaria Elly Schlein. Il premio alla ‘coerenza’ ancora una volta va al M5S, un tempo sodali di Nigel Farage, paladino della Brexit, e che ora invece salgono in cattedra per insegnare l’europeismo ai popolari”.

Invece secondo il capodelegazione di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza, “il motivo del rinvio è determinato dalla spagnola Ribera, non da Fitto”. FdI voterà in maniera favorevole alla composizione complessiva della futura squadra Ue. Comunque sia, la guerra alla Commissione “strabica” andrà avanti. Difficile uscire dal pantano stavolta.