«Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente». La massima confuciana, usata da Mao agli inizi della rivoluzione culturale cinese, torna in mente anche alla nostra latitudine. Napoli come Pechino, anche se forse siamo più di fronte ai dieci piccoli indiani del romanzo di Agatha Christie, dei quali alla fine «non ne rimase che uno». Guardiamo oggi all’area del centrosinistra. Con la nomina dell’ex ministra dell’università Maria Chiara Carrozza – pisana come Enrico Letta – a presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, resta libero da impegni pubblici Gaetano Manfredi, che vi aspirava a giusta ragione.

Dopo le buone esperienze alla guida del più grande ateneo del Mezzogiorno, di presidente della Conferenza dei rettori e appunto di ministro del settore, sarebbe un peccato non investire sulla sua caratura di civil servant per la propria terra. Qui, però, si scaldano già Alessandra Clemente e Antonio Bassolino. La prima si è fatta le ossa accanto al proprio mentore Luigi de Magistris, ma questa paternità, ora che il clima è cambiato, sembra non favorirla, tanto più che nello stesso segmento del campo sgomita Sergio D’Angelo, sostenuto dal movimento cooperativo e tra gli inventori della società per la gestione pubblica delle risorse idriche. Quanto al già sindaco e presidente regionale, ormai brillantemente indenne da qualunque pendenza giudiziaria, l’incognita è quella del rapporto con il partito che ha lasciato dopo la storiaccia delle primarie con Valeria Valente. Ma anche lui conserva molti estimatori e la lunga volata è incominciata da tempo, con una campagna di ascolto a bordo del mitico autobus che scende da Posillipo al centro e di proposte della sua fondazione Sudd.

Un altro punto interrogativo è nella strategia nazionale del Partito democratico e del suo nuovo segretario. Nelle prossime amministrative la partita si gioca su più tavoli contemporaneamente. A Roma sembrano salire le azioni di Nicola Zingaretti, a Milano Beppe Sala si è dichiarato vicino ai Verdi (tutti da costruire) e a Bologna Matteo Renzi punterebbe su una sua candidata, ora dinamica prima cittadina di un Comune della cintura. Questo significa benedire per Napoli l’attuale presidente della Camera Roberto Fico, peraltro del tutto privo di esperienza amministrativa e che lascerebbe una posizione strategica per la gestione parlamentare del Recovery Plan? Girano pure altri nomi: Mario Casillo, potente capogruppo del Pd in Regione, tirerebbe la volata all’imprenditore Riccardo Maria Monti; Gennaro Migliore (salva l’identità del cognome con il rispettoso appellativo dei compagni a Togliatti, null’altro in comune con lui) sarebbe pronto per conto di Italia Viva alle primarie che però, dice oggi il segretario locale dem Marco Sarracino, non si faranno.

Come si vede, la testa gira, i confronti programmatici latitano, ma è venuta proprio l’ora di guardare alle rispettive piattaforme, non fatte di promesse mirabolanti, di cui è anzi giusto diffidare. Sarebbe bene che prevalesse il personaggio più “normale”, in grado di assicurare una decente buona amministrazione del quotidiano e di pretendere una legge speciale che liberi il capoluogo partenopeo dall’enorme peso dei debiti. È necessario, dunque, che gli aspiranti si (e ci) parlino delle rispettive idee di città. E che tutti parlino con Vincenzo De Luca, i cui rapporti con Letta dovrebbero essere migliorati rispetto al passato, visto che il padre di un figlio d’arte e un nipote eccellente possono trovare il modo di intendersi.