Gaetano Manfredi verso il si alla candidatura a sindaco di Napoli per la coalizione composta da Partito democratico e Movimento 5 Stelle. L’ex rettore della Federico II e ministro dell’Università nel secondo governo Conte, avrebbe sciolto la riserva dopo le rassicurazioni ricevute in merito ai “cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili” che affossano le casse del comune partenopeo. Rassicurazione relativa alla possibilità, nella prossima legge di bilancio, che possa essere inserito un testo sul modello del “salva Roma”.

Quella appena trascorsa, riferisce LaPresse, è stata una “notte di lavoro” molto intensa, fanno sapere da ambienti del Pd. A Manfredi sarebbe arrivato un documento condiviso dai Dem e dal M5S, attraverso il quale i partiti di governo si impegnano ad inserire nella prossima legge di bilancio una norma salva-Napoli, che copra, seppur solo in parte, i 5 miliardi di euro di debiti del Comune. Questo avrebbe di fatto provocato un’improvvisa accelerata verso il sì di Manfredi.

“Speriamo di avere notizie positive nelle prossime ore”, ha spiegato in mattinata al Nazareno Antonio Misiani. “Abbiamo costruito un pacchetto di proposte condivise, speriamo che questo aiuti a sciogliere i nodi politici”, ha aggiunto. Il pressing sull’ex ministro, molto apprezzato da Conte e gradito anche al segretario del Pd Enrico Letta, sarebbe dunque andato a buon fine e nelle prossime ore potrebbe arrivare l’ufficializzazione della candidatura che si aggiunge a quelle già annunciate, nell’area di centro-sinistra, dell’ex sindaco e governatore Antonio Bassolino, di Sergio D’Angelo e Alessandra Clemente. Per il centro-destra c’è invece il “civico” Catello Maresca. Le elezioni sono in programma tra metà settembre e metà ottobre.

Via Twitter arriva anche l’investitura di Enzo Amendola,  sottosegretario agli Affari Europei, il cui nome era emerso subito dopo l’iniziale rinuncia di Manfredi: “In bocca al lupo” scrive Amendola. “Napoli merita passione e coraggio” aggiunge.

La lettera completa di Gaetano Manfredi pubblicata lo scorso 18 maggio:

Napoli è la mia forza e il mio dolore.

È la città dove mi sono formato, che ha ispirato la mia vita e reso l’uomo che sono. Tanta parte del mio percorso professionale dipende da quanto Napoli mi ha donato: il carattere, la tenacia e il sentimento.

Questa città è la mia più grande fortuna, le sono grato. Perciò, ogni volta che ho assunto un ruolo di responsabilità, ho sempre cercato di ricambiare, dedicando a lei testa, cuore e azioni, indirizzate anzitutto ai giovani, ai nostri ragazzi. Ho cercato di dimostrare insieme a loro, e con il lavoro quotidiano, che Napoli non è una periferia del Nord Italia bensì il potenziale centro del futuro europeo, ben consapevole che nel mondo globalizzato le idee sono il bene più prezioso. Napoli è la capitale mondiale della creatività, bisogna soltanto metterla a reddito.

È sui ragazzi, su quello che avrei potuto costruire per loro, che in questi giorni ho fissato il mio pensiero. Mentre tante napoletane e napoletani, oltre che esponenti politici nazionali e locali, mi sollecitavano a valutare la disponibilità a candidarmi a sindaco, il cuore fibrillava e la testa ragionava.

Lusingato e riconoscente, come è mia abitudine, mi sono messo a studiare. E ho scoperto il dolore.

Il Comune presenta una situazione economica e organizzativa drammatica. Le passività superano abbondantemente i cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili. Le partecipate sono in piena crisi e si prospettano difficoltà a erogare i servizi. La macchina amministrativa è povera di personale e competenze indispensabili. La capacità di spesa corrente è azzerata. Siamo, di fatto, in dissesto. Un dissesto che dovrà essere dichiarato o dal sindaco Luigi de Magistris entro qualche giorno o dal nuovo sindaco a fine anno. Sarei felicissimo se venissi smentito su questi dati drammatici, ma temo che saranno confermati. La conseguenza è che, in queste condizioni della città, il sindaco diventa un commissario liquidatore.

I napoletani, legittimamente, hanno aspettative altissime. Ambiscono ad avere trasporti efficienti, strade riparate e pulite, asili nido, centri per gli anziani, impianti sportivi, parchi pubblici e condizioni di vita quotidiana adeguate ai migliori standard nazionali e internazionali. E questa è soltanto l’ordinaria amministrazione. Ma chiedono anche altro, vogliono evolvere verso la trasformazione digitale, il turismo sostenibile, l’economia circolare, i diritti di cittadinanza. Ambiscono a fare di Napoli, seppur mantenendo tutte le sue formidabili tipicità, una città europea a pieno titolo come è stata sempre nella sua storia.

A queste sollecitazioni ho risposto sempre con grande ponderazione, scambiata a volte per eccessiva prudenza. Ma chi mi conosce sa bene che preferisco la concretezza alle parole vuote.

Il dissesto e i conseguenti vincoli di bilancio, in questa fase di grande sofferenza sociale a valle della crisi pandemica, creerebbero ferite profonde e azzopperebbero immediatamente il desiderio di ripartenza che tutti noi abbiamo. Alle aspettative si sostituirebbe la frustrazione. I più deboli pagherebbero il prezzo più alto. Sarebbe una fase lontana dalla mia visione di società e dai miei valori.

Soltanto un intervento legislativo di riequilibrio – un immediato, incisivo e concreto “Patto per Napoli” – può garantire alla città un futuro di sviluppo. Un Patto privo di artifici contabili, colmo di realtà, basato su uno stralcio del debito con un commissario straordinario come fatto per Roma e un piano straordinario di investimenti nazionali e regionali. Un Patto per un nuovo slancio della comunità partenopea, coinvolta con le sue migliori risorse nell’amministrazione della città. Un Patto fra tutti coloro che vogliono bene a Napoli: imprenditori, civici, rappresentanti delle associazioni e del mondo del lavoro. Perché i soldi da soli non bastano, sono soltanto una precondizione: a Napoli servono anche risorse umane di primo livello, decise a impegnarsi per la rinascita della città, a cominciare dalla giunta comunale, che dovrà essere di altissimo profilo e con le mani libere. Altrimenti pensare che si cancellano i problemi scegliendo il sindaco comporterà soltanto il continuo ripetersi di quello che già viviamo.

Il campo largo delle forze progressiste che si è costituito a Napoli e ha animato il governo a cui ho partecipato grazie alla scelta del Presidente Conte, ha tutte le energie per guidare, su queste basi, lo sviluppo della città, anche con il sostegno della Regione Campania. Aggiungo però che la questione non riguarda solo il campo progressista. Dovrebbe investire l’intero arco istituzionale, da chi deciderà di candidarsi a sindaco per ogni parte politica al centrodestra, al Governo e al Parlamento. E dovrebbe palesarsi prima delle elezioni amministrative, per le urgenze già ricordate e per sgombrare il campo dall’equivoco che rappresenta un favore a questo o a quel sindaco. In ballo non ci sono tatticismi politici, guerre di posizione e carriere personali, che francamente mi provocano anche una certa inquietudine, a maggior ragione per le ulteriori difficoltà che rischiano di vivere Napoli e i napoletani aggravate dagli effetti della pandemia. In ballo c’è il futuro della città.

In questo quadro rinnovato, confermo quanto ho sempre detto: ognuno deve fare la sua parte. Ma al momento la mia disponibilità, in queste condizioni, sarebbe inutile perché non potrei fare quello che credo si debba fare: rispondere concretamente alle aspettative dei napoletani.

 

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.