Il regime patrimoniale dei coniugi, in mancanza di diversa volontà, è quello della comunione dei beni. Laddove i coniugi – con dichiarazione resa all’atto del matrimonio o in separata convenzione – non abbiamo scelto il regime alternativo a quello legale, si instaura tra di essi la comunione dei beni.

Gli acquisti compiuti da ciascuno, anche separatamente, durante il matrimonio sono di proprietà di entrambi e sottoposti a precise regole in ordine alla loro amministrazione. Trattasi di una comunione speciale, differente rispetto ad una normale comproprietà di beni. Ciascun coniuge non può disporre autonomamente della propria quota di comproprietà sul bene comune, richiedendosi sempre la concorde volontà di entrambi per il compimento di ogni atto dispositivo. Pena, per gli atti aventi ad oggetto immobili, l’annullabilità degli stessi su richiesta del coniuge non consenziente.

Vigente la comunione legale, restano personali i beni acquistati per successione o donazione e a titolo di risarcimento del danno o pensione per perdita delle capacità lavorative; i beni di uso strettamente personale e quelli che servono all’esercizio della professione e i beni acquistati con lo scambio (o il cui prezzo di acquisto provenga dal trasferimento) di bene personale, a condizione che sia specificato all’acquisto e di detto atto sia parte anche l’altro coniuge.

Le esclusioni sono dunque testuali, non ammettendosi l’esclusione volontaria dei beni dalla comunione, pur con il consenso del coniuge non acquirente. Laddove invece i coniugi optino per il regime della separazione dei beni, ciascuno di essi conserverà la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. L’adozione, con la riforma del diritto di famiglia del ‘75, della comunione quale regime patrimoniale legale, nasceva dall’esigenza di tutelare il coniuge più debole, spesso non dotato di adeguati redditi, valorizzando il suo contributo alla famiglia.

L’evoluzione dei tempi rende opportuna una valutazione dei nuovi assetti familiari. La comunione è un regime di maggiore garanzia ma meno elastico e non sempre adeguato a tutelare gli interessi della famiglia. Basti pensare ai suoi riflessi fiscali in tema di agevolazione per gli acquisti di prima casa. L’acquirente di una abitazione può usufruirne, se in possesso dei seguenti requisiti: non essere titolare esclusivo né in comunione col coniuge di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui si trova l’immobile acquistato né titolare, anche in comunione legale dei beni, su tutto il territorio nazionale, di altra casa di abitazione acquistata da lui stesso o dal coniuge con le dette agevolazioni.

Evidente dunque che due coniugi in separazione dei beni possano compiere due acquisti separati, godendo entrambi delle agevolazioni prima casa, ciascuno per il proprio acquisto. Possibilità invece negata ai coniugi in comunione dei beni che, acquistando insieme una sola abitazione, consumeranno l’agevolazione fiscale per quell’unico acquisto.