Nell’articolo di ieri su La Repubblica “Una porta in faccia ai giovani. L’occasione sprecata dei nuovi concorsi pubblici” Tito Boeri e Roberto Perotti hanno criticato il ministro Renato Brunetta «per aver creato le premesse per l’ennesima stabilizzazione dei precari nella scuola». Il problema a cui i due economisti si riferiscono esiste e, da ultimo, è quello che ha contribuito ad azzoppare anche la legge sulla Buona Scuola, benché le sue norme prevedessero una significativa assunzione di personale docente e amministrativo: le cattedre disponibili sono in prevalenza al Nord mentre gli insegnanti in graduatoria sono al Sud. Il che ancora una volta ha determinato – con l’appoggio dei sindacati – un processo di mobilità in senso contrario, grazie alla ricerca (comprensibile ma non giustificabile) di ogni possibile scappatoia per restarsene a casa in attesa di poterlo fare definitivamente.

Ovviamente non si poteva rinunciare ad un posto fisso, per cui i titolari andavano a prendere possesso della cattedra ovunque fosse per superare gli adempimenti preliminari e poi rientrare. Così i dirigenti scolastici delle scuole del Nord hanno dovuto fare ricorso alle supplenze creando nuovo personale precario, che finiva per attendere una nuova stabilizzazione. Con il pretesto della pandemia e con la necessità ricoprire gli organici (non si dimentichi che “quota 100” ha determinato un robusto sfoltimento del personale scolastico) vi è stato il tentativo (non solo da parte dei soliti sindacati ma anche da ben individuate forze politiche) di eludere il concorso con forme di assunzione semplificata se non persino diretta (sulla base dei “titoli”).

Il ministro Brunetta ha intenzione di svolgere i concorsi che sono rimasti a bagnomaria, secondo i criteri selettivi previsti. Anche Boeri e Perotti converranno che nella funzione pubblica si sta attraversando un periodo di transizione e che è più conveniente portare a termine i concorsi aperti piuttosto che – come si diceva un tempo – modificare la macchina senza fermare il motore e magari trovandosi all’apertura del nuovo anno scolastico (ammesso e non concesso che non si ripeta la vergogna che ha consentito di privare i ragazzi e i giovani di ben due anni di formazione) nell’urgenza di assegnare le vecchie supplenze ed attribuirne di nuove.

D’altro canto la scuola deve ripartire, costi quel che costi. La “prova del fuoco” di Brunetta – dove si sperimenteranno criteri di accesso nella PA, sempre rispettosi dell’articolo 97 Cost. ma tali da rendere più sollecite e qualificate le assunzioni (e il conseguente ricambio generazionale) – si svolgerà nel concorso per i 2.800 posti nelle Regioni meridionali al fine di mettere le istituzioni pubbliche in condizione di acquisire quella capacità professionale indispensabile per promuovere e gestire progetti all’altezza della sfida pluriennale del PNRR. Le assunzioni a tempo determinato (certo con una prospettiva che si proietti oltre i limiti introdotti dal “decreto dignità’”) sono lo strumento legale che può consentire di procedere nei tempi richiesti. Non è vero che in questo modo si istituzionalizza l’assunzione di precari tramite precari, come sostengono gli autori dell’articolo. Il tentativo è quello di reperire rapidamente – 100 giorni dalla pubblicazione del bando all’assunzione – personale che non ha bisogno di un lungo periodo di formazione per “stare sul pezzo”.

Quanto poi a sbattere la porta in faccia ai giovani, la smentita viene dalla realtà. Più di un terzo dei candidati fino ad ora pervenuti per il concorso Sud ha meno di trent’anni, più del 70% meno di quaranta. Poi – come previsto nel Patto del 10 marzo – il governo ha già varato nell’ultimo “decreto Covid” procedure più semplici ed efficaci per svolgere i concorsi, rimuovendo i limiti ereditati dal passato. Fino ad ora i giovani sono stati penalizzati in conseguenza dei mega-concorsi a livello nazionale, con lunghe graduatorie a scorrimento anche per gli idonei, cosicché dopo anni entravano in servizio persone che si erano formate tanto tempo prima e che in sostanza sbarravano la strada all’indizione di nuovi concorsi.

Quanto a Boeri abbiamo appreso da lui – in qualità di presidente dell’Inps nel 2017 promosse il concorso per mille laureati dotati di un iter formativo di qualità – l’urgenza di rinnovare e riqualificare l’amministrazione pubblica, persino in uno dei “fortilizi” più saldi della PA come l’Istituto della previdenza obbligatoria. Immaginiamo che ricorderà le difficoltà incontrate e le critiche ricevute allora e che per questo dimostrerà comprensione per un ministro “che ci prova”.