Il concorso
Concorso Asia, la corsa al posto fisso ricorda “Stanno tutti bene”: almeno non si cerca il reddito di cittadinanza

È stato dato molto rilievo alla notizia che ASIA, società in house del Comune di Napoli incaricata della gestione dei rifiuti e della nettezza urbana a Napoli, ha bandito un concorso per 500 posti di operatore ecologico e che tra le 25mila domande ce ne sono un numero davvero cospicuo, 1.232, di laureati. Guardare meglio il bando aiuta qualche considerazione, se possibile più amara. I primi duecento posti, prioritari e riservati ad under 29, sono di primo livello di inquadramento per Apprendistato Professionalizzante.
Solo gli ulteriori, e successivi trecento sono a tempo indeterminato. Il bando inoltre precede come titolo di istruzione minimo la licenza media e non considera tra i titoli valutabili quelli di istruzione superiore, tantomeno la laurea e, perchè no, un bel dottorato. Le prove del concorso prevedono oltre alla valutazione titoli – patente C o superiore, esperienza pregressa, inoccupati/disoccupati (è un titolo o uno status?) – uno scritto: cultura generale, norme in materia lavoristica, ambientale, codice della strada. Ebbene. Chi nota che il laureato non è necessariamente meglio del meno istruito per il ruolo da ricoprire. Chi nota che non tutti i laureati vinceranno il concorso e si chiede come ne usciranno psicologicamente. Chi si appella a lauree spesso inutili e prese male che si tramutano in cocenti delusioni appena si entra nel mondo reale. Chi esalta la dignità del lavoro, qualunque lavoro. Chi riconosce che il posto fisso può essere meglio anche di uno studio professionale con basse retribuzioni, status precario e incerto futuro. Si potrebbe anche notare che se sei laureato e hai meno di 29 anni forse non ci hai provato affatto ad occupare la tua nicchia sociale ma, onore al merito, almeno non cerchi il reddito di cittadinanza.
Insomma: hanno tutti ragione, come nel libro omonimo di Sorrentino. Certo fa effetto – di più, fa male – figurarsi laureati a cui era stato promesso che sarebbero stati classe dirigente e che si troveranno ad essere apprendisti operatori ecologici. Un lavoro certamente dignitosissimo ma che da sempre non staziona dalle parti alte delle ambizioni e di una qualsivoglia piramide sociale. Ma la piramide dell’ansia e della paura del futuro è differente da quella sociale. E a dirla tutta anche la piramide economica è assai diversa dalla vetusta piramide che colloca al vertice della libertà e della realizzazione le professioni liberali e l’attività autonoma, ormai caratterizzate per larghi strati di giovani ed ex giovani da livelli di remunerazione da fame e certamente non tali da immaginare neanche la possibilità di una pensione integrativa. La nota piramide di Maslaw “dei bisogni”, del lontano 1954, prevede i seguenti gradini, in qualche modo successivi: fisiologia, sicurezza, appartenenza, stima, autorealizzazione. Qui al Sud c’è un pezzo di società, formalmente molto istruito, che si colloca tra la fisiologia e la sicurezza, cioè più o meno in una situazione hobbesiana. Con che criterio, viene da chiedersi, l’Unione europea chiede di aumentare il numero dei laureati, magari senza indicare le lauree davvero utili?
Anche qui: è una problema di base imprenditoriale carente? Di un sistema dell’istruzione scollegato dai bisogni del mercato del lavoro? Di un semplice declino dello studio – assediato sempre più da mercanti e mercanteggiamenti di titoli – come forma di promozione sociale? O forse bisogna emigrare a ritmi più intensi per occupare le nicchie coerenti con i titoli di istruzione altrove disponibili e spesso anche gratificanti? Anche qui: hanno tutti ragione. Ma viene piuttosto in mente il film di Tornatore “Stanno tutti bene”. Protagonista un anziano signore meridionale, un grande Mastroianni, convinto di avere dato ai propri figli, con l’istruzione, la chiave di realizzazione umana e professionale. La realtà è ben diversa. Valga per tutti Norma, un ottimo lavoro come dirigente della Sip: in realtà un’occupazione al call center telegrammi.
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