Per Anzaldi resta il mistero della retroattivività
Condanna revocata al suocero di Conte, Franceschini ‘rivendica’ la norma salva-furbetti della tassa di soggiorno
La norma che ha ‘salvato’ dalla condanna per peculato Cesare Paladino, gestore dell’Hotel Plaza di Roma e soprattutto suocero del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha la firma del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Ad ammetterlo, perché non c’è “nessun mistero”, è lo stesso ex segretario del Partito Democratico che risponde così all’interrogazione presentata dal deputato di Italia Viva e segretario della Vigilanza Rai Michele Anzaldi.
La vicenda riguarda la depenalizzazione del mancato versamento della tassa di soggiorno, problema che aveva portato ad una condanna (patteggiata) per Paladino, padre di Olivia, attuale compagna del premier Conte. L’imprenditore non aveva versato due milioni di euro in tassa di soggiorno al Comune di Roma tra il 2014 e il 2018 ma, grazie alla depenalizzazione ‘firmata’ Franceschini all’interno del decreto Rilancio, Paladino si è visto revocare la condanna.
Per il ministro però non si tratta di “norma ‘salva suoceri’ o fantomatiche manine di Palazzo Chigi”. La norma “nasce negli uffici del Mibact perché è una norma giusta e il presidente del Consiglio non ne era a conoscenza prima che la portassi in Consiglio dei ministri, così come io non sapevo della vicenda del Plaza”.
“La modifica della disciplina sulla tassa di soggiorno introdotta dall’articolo 180 del decreto rilancio – ricorda ancora Franceschini – è stata frutto di un approfondito dibattito parlamentare che ha visto coinvolte maggioranza e opposizione. La norma risponde a specifiche richieste delle associazioni di categoria e delle Regioni, presentate a più riprese al Governo e al Parlamento – non solo in questa legislatura – di estendere al settore alberghiero la disposizione già in vigore per le locazioni turistiche dal 2017, che non considera agente contabile il gestore della struttura ricettiva”.
Una risposta che però non basta ad Anzaldi. Per il deputato renziano “resta il mistero e la stranezza dell’applicazione retroattiva della norma decisa da un giudice di Roma proprio per il titolare del Grand Hotel Plaza di Roma, a differenza di quanto è stato deciso invece in altri tribunali e addirittura di quanto decretato dalla Cassazione, secondo cui la norma non può essere retroattiva”.
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