“Il Tribunale aveva disposto la verifica delle condizioni di salute a distanza di un anno, ma il decorso della malattia è stato molto rapido”. È morto per un male incurabile che lo affliggeva da tempo Riccardo Modeo, 63 anni, storico boss del tarantino condannato a quatto ergastoli.
Aveva già trascorso 30 anni in carcere, di cui gli ultimi a Campobasso, quando – una decina di giorni fa – era stato ricoverato nel reparto oncologico dell’ospedale Moscati lo scorso 2 marzo. Le sue condizioni di salute sono precipitate rapidamente, e il suo avvocato, Maria Letizia Serra, aveva chiesto e ottenuto la detenzione domiciliare a casa della sorella dell’uomo, che è morto lunedì scorso.
Riccardo Modeo, insieme ai fratelli Claudio e Gianfranco, fece parte di uno dei clan che insanguinò Taranto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Fu arrestato nel blitz “Ellesponto” sfociato nel grande processo alla criminalità tarantina, che ha ricostruito tutti gli affari dei fratelli Modeo, il traffico di droga, il racket delle estorsioni, gli omicidi a catena soprattutto vendette dirette e trasversali all’interno di formazioni prima alleate e poi nemiche dell’organizzazione madre.
Almeno un centinaio di morti ammazzati, in quella che tutt’ora a Taranto è ricordata come l’era criminale più cruenta. Suo fratello Claudio è deceduto sei anni fa, nel carcere di Secondigliano. Gianfranco, invece, ha scelto di collaborare con la giustizia e oggi è un libero cittadino. Il clan dei tre fratelli era potente, con amicizie influenti in Calabria e in Sicilia. In quegli anni segnati da sangue e violenza contese il primato del controllo sul territorio all’altro dei fratelli Modeo, Antonio, detto il Messicano.
La Questura ha anche disposto con un’ordinanza il divieto di celebrare i funerali: la salma andrà direttamente al cimitero.