Passato, presente e futuro hanno spesso una parte di percorso che si incontra o, per meglio dire, si scontra. Nei Balcani questo è ancora più evidente e chiaro. Ogni Paese di questa regione ha una storia che caratterizza tutto il suo sviluppo successivo. Prendiamo la Serbia, ad esempio: nel suo linguaggio politico di oggi ritroviamo spesso il passato, le sue conquiste passate, i suoi territori e confini passati. Ha una politica che si appoggia sul passato per rendere ancora più reale il suo presente. Una politica che però, come sappiamo, ha prima portato alle guerre degli anni ’90 e ancora oggi destabilizza la regione intera.

Lo stesso vale poi la Macedonia del Nord: il territorio dell’attuale Macedonia del Nord ha fatto parte, durante i secoli, di numerosi Stati e imperi antichi. Negli ultimi anni la Macedonia del Nord si è ritrovata prigioniera di un dibattito storico con la Grecia a proposito del proprio nome; la Grecia rivendica la Macedonia come propria regione e rivendica Alessandro Magno come proprio. La Macedonia del Nord si opponeva a ciò; ma, considerato che era condizione necessaria per poter avanzare nel processo dell’integrazione europea, ha dovuto piegarsi alla Grecia e cambiare il nome del Paese, modificandolo in tutti i libri di storia e nei toponimi (per esempio, il nome dell’aeroporto). Ultimamente anche la Bulgaria ha cominciato a imporre condizioni alla Macedonia del Nord; vorrebbe che i Bulgari venissero riconosciuti come gruppo etnico ufficiale nel Paese; l’UE ha imposto questo come ulteriore condizione per avanzare nel processo di integrazione europea, e proprio in questi giorni la Macedonia del Nord sta cambiando la sua Costituzione. I sacrifici fatti dalla Macedonia del Nord sono enormi e andrebbero riconosciuti maggiormente, soprattutto dall’Unione europea stessa.

Se poi consideriamo la Bosnia ed Erzegovina, troviamo la storia nelle città stesse. Sarajevo è impregnata di storia, passata e recente: una storia di convivenza multietnica, che potrebbe essere da esempio per molte realtà. Purtroppo rovinata da discorsi nazionalisti, alla base di eventi cruenti. Dall’assassinio dell’arciduca che ha segnato la prima guerra mondiale, fino all’assedio continuo e interminabile di tre anni durante gli anni ’90, per non parlare di Srebrenica e dei campi di concentramento di Omarska, Trnpolje, Manjaca, Keraterm. Una storia fatta di vicini che da vicini sono diventati nemici.

E poi abbiamo l’Albania. Durante l’antichità classica, l’Albania fu abitata da diverse tribù illiriche come gli Ardiei, gli Albanoi, gli Amantini, gli Enchelei, i Taulanti, i Dardani e molte altre, che si stanziarono tra la costa orientale del Mar Adriatico e la Pannonia.

È stata quindi anch’essa segnata da diverse culture e da diverse presenze. Ha giocato un ruolo diverso dal resto dei Balcani, però, non entrando a far parte della Jugoslavia, ma preferendo rimanere a parte (Hoxha, il leader albanese comunista, seguiva la politica di Stalin, mentre Tito, leader della Jugoslavia, aveva un approccio diverso). Ancora oggi gioca un ruolo separato dal resto della regione: è uno dei Paesi più avanzati per quanto riguarda il processo di integrazione europea.

Il Montenegro fino al 2 giugno 2006 è stato unito alla Repubblica di Serbia con il nome di Serbia e Montenegro. Dal 3 giugno 2006 il Montenegro è diventato uno Stato indipendente, proclamato a seguito del referendum sull’indipendenza del 21 maggio precedente. Già solo questo emana un passato importante che ha segnato e segna tuttora il suo futuro. Interessante il fatto che la Serbia abbia accettato la separazione dal Montenegro, accettazione di certo non scontata.

Il Paese più giovane è invece il Kosovo, che magari, come paese, ha poca storia, ma si è già fatto un nome. Fra tutti i paesi è considerato è il fratello più giovane, amato e odiato al tempo stesso. Ha dovuto lottare per la propria indipendenza, ed è una lotta che non finirà perché la Serbia non riconoscerà mai il Kosovo. Ma impegnarsi per questo fa parte della missione dei cittadini kosovari.

Chi dice che i Balcani sono l’epicentro della storia europea, ha ragione. Di sicuro quello che succede in quella regione, prima o poi ci tocca direttamente. Le guerre nei Balcani degli anni ’90 hanno provocato un’ondata di emigrazione verso la Germania e l’Austria, per esempio. La crisi economica in Albania ha fatto lo stesso verso l’Italia. Negare che i Balcani abbiano un impatto molto forte su di noi, vuol dire negare la realtà. E la politica dovrebbe ricordarlo, a volte. In questo momento, le tensioni fra il Kosovo e la Serbia non riguardano solo loro, ma riguardano anche la stabilità dell’Unione Europea.

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Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.