Il caso Consip torna d’attualità con tutte le sue insensatezze. Ieri al processo contro Alfredo Romeo (lo stralcio che riguarda la presunta corruzione di tal Marco Gasparri, ex dipendente Consip) è stato ascoltato come testimone proprio Gasparri, che si è confermato molto contraddittorio nelle sue dichiarazioni. Due cose sono risultate piuttosto chiare, probabilmente anche alla giudice: la prima è che Gasparri non era in grado di fare nessun favore a Romeo, e dunque non esiste un movente della ipotetica corruzione.

La seconda è che ci sono molti, molti dubbi sulla spontaneità della sua confessione e della sua chiamata di correo (oltre a mancare qualunque riscontro sui pagamenti che Gasparri dichiara di aver ricevuto da Romeo, e Romeo nega di avere mai effettuato). Di conseguenza scricchiola l’unico elemento sul quale si basa l’accusa, e cioè proprio l’atto di accusa di Gasparri. Naturalmente la parola “scricchiola” è un eufemismo imposto dalle buone maniere. Si potrebbe anche scrivere: crolla. Su tutto questo torneremo nei prossimi giorni.

Oggi vogliamo occuparci invece dei fatti del giorno prima. E cioè delle decisioni del Gup che ha condannato a un anno di prigione Denis Verdini, Ezio Bigotti (imprenditore) e Ignazio Abbrignani (ex parlamentare verdiniano) e ha poi anche rinviato a giudizio tra gli altri Tiziano Renzi e Alfredo Romeo, per traffico di influenze, prosciogliendoli però dalle accuse maggiori, e soprattutto dalla madre di tutte le accuse che è la turbativa d’asta per la gara principale, quella famosa da 2 miliardi e 700 milioni. Verdini e gli altri sono stati anche loro prosciolti per questa accusa (e quindi lo scandalo Consip si è clamorosamente sgonfiato) ma sono stati condannati per un’altra turbativa d’asta (anche se, a occhio e croce, sono stati condannati senza uno straccio di prova a carico).

La cosa curiosa è che per la gara principale, quella, appunto, che complessivamente aveva appalti per quasi tre miliardi, la giudice ha stabilito che non c’è stata nessuna turbativa d’asta ma invece c’è stato traffico di influenze da parte di Tiziano Renzi e Carlo Russo a favore di Romeo. Traffico, evidentemente, che però non ha turbato in nessun modo l’asta. Diciamo un traffico molto poco intenso. Ieri diversi giornali hanno parlato di questo traffico, sostenendo che di conseguenza il caso Consip è ancora tutto in piedi per via di questo traffico intorno ai 2,7 miliardi. Scrive ad esempio Marco Lillo sul Fatto: “Ricordiamo in sintesi la parte dell’accusa che riguarda Renzi: “Carlo Russo (amico di Tiziano, ndr) il quale agiva in accordo con Tiziano Renzi sfruttando relazioni esistenti con Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip Spa (…) relazioni ottenute anche per il tramite del concorrente nel reato Tiziano Renzi, come prezzo della propria mediazione illecita costituita nell’istigare Marroni al compimento di atti contrari al proprio ufficio consistenti nell’intervenire sulla commissione aggiudicatrice della gara FM4 (…) per facilitare la Romeo Gestioni Spa partecipante a detta gara (…) si faceva dare da Romeo Alfredo, il quale agiva in concorso con Italo Bocchino, utilità (…) nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi”.

Certo, non si tratta di una condanna ma solo di un rinvio a giudizio. Certo, per altre ipotesi di reato ‘laterali’ (la turbativa sulla medesima gara Consip e il traffico più un’altra turbativa di gara su Grandi Stazioni) ci sono stati i proscioglimenti del Gup. Però la notizia di ieri è che l’ipotesi più rilevante dell’accusa iniziale (quella sui fatti che emergevano già dall’indagine di Napoli condotta nel 2016 dal pm Henry John Woodcock con la collega Celeste Carrano) resta in piedi. Lillo, giustamente, si limita a riportare la tesi dell’accusa. Il problema – che segnaliamo anche a lui, cronista sempre attentissimo (non è una presa in giro: Lillo ha tanti difetti e con lui in genere io litigo fino quasi a venire alle mani, però è indubbio che è un cronista informato e scrupoloso) – è che ci sono delle carte che contraddicono in modo definitivo la tesi dell’accusa. In particolare il testo dell’interrogatorio tenuto nientedimenoché da Giuseppe Pignatone in persona e dal Pm Palazzi a Luigi Marroni, amministratore di Consip non indagato e dunque ritenuto attendibilissimo. L’interrogatorio si riferisce proprio alle raccomandazioni di Carlo Russo. Leggete qui:

PALAZZI: fece mai riferimento a Romeo e alle società di Romeo?
MARRONI: No.
PALAZZI (insiste, ndr): Un riferimento, non so di che genere…
MARRONI: Non mi ricordo questa cosa.
PALAZZI: cioè nessuna conversazione con Russo viene associata in qualche modo a un ricordo di una discussione con Romeo?
MARRONI: A meno che non fosse in quella famosa società che lei…
PIGNATONE: La società di Romeo si chiama Romeo Gestioni.
PALAZZI: Romeo Gestioni?
MARRONI: No, non mi disse delle aziende di Romeo che devono fare e devono…
PALAZZI: Comunque lì non associa a nessun…
MARRONI: Non fu associata.
PIGNATONE: Immagino che lei sa che esista un Gruppo Romeo…
MARRONI: lo sapevo.

Non so se è chiaro. I Pm chiedono a Marroni se ha ricevuto raccomandazioni per la Romeo. Marroni aveva dichiarato di aver ricevuto raccomandazioni per altre società concorrenti con Romeo e in questo interrogatorio, messo a verbale, nega di averne ricevute per Romeo. Qualche mese più tardi, nuovamente interrogato, rincara la dose. Spiega di avercela con Romeo, perché gli ha fatto causa per la mancata assegnazione degli appalti che aveva vinto, ma tuttavia di dover ammettere che lui non ha ricevuto nessuna raccomandazione per Romeo e non lo ha in nessun modo favorito. Come andarono le cose è piuttosto chiaro. La Gara Fm4, cioè questa famosa supergara da 2 miliardi e sette, si svolse con alcune aziende che avevano brigato per far fuori la Romeo Gestioni, che era conosciuta come di gran lunga la più qualificata a vincere. Queste altre aziende furono favorite, e la parte lesa fu la Romeo gestioni. Che ora, in modo paradossale e abbastanza comico (ma non comico per Romeo…) è finita sotto processo ed è stata esclusa da tutte le gare.

L’accusa su cosa si basa? Boh. Secondo Il Fatto Quotidiano si baserebbe su un biglietto stracciato, ritrovato in un cassonetto della spazzatura (vicino alla sede della Romeo gestioni, a Roma), che fu attribuito alla scrittura di Romeo (il quale nega che quella fosse la sua scrittura). In questo biglietto c’erano scritte delle sigle: 30 a T, 5 a R… L’accusa sostiene che volessero dire che si davano 30 mila euro a Tiziano Renzi, 5000 a Carlo Russo eccetera. Certo, un bel po’ di fantasia. Soprattutto per una circostanza forse importante. Questo biglietto fu scritto nel novembre del 2016, circa sei mesi dopo la conclusione delle gare e le assegnazioni. Cioè, l’ipotesi è che Romeo avrebbe prima subito una turbativa d’asta a suo sfavore, e poi, una volta mazziato, non contento avrebbe deciso di pagare quelli che l’avevano mazziato.

Noi speriamo che le cose non siano andate così, per una ragione semplice: siccome – come sapete – Romeo è l’editore di questo giornale, se le cose fossero davvero andate in questo modo dovremmo fortemente dubitare della salute mentale del nostro editore…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.