C’è una svolta nel caso Consip. Personalmente la guardo con grande interesse perché riguarda l’editore di questo giornale, cioè Alfredo Romeo. Sono state depositate tutte le carte relative al supplemento di inchiesta svolto dalla procura di Roma su richiesta del Gip Sturzo. Ci sono le trascrizioni di varie intercettazioni e di numerose deposizioni. Beh, da queste carte risultano alcune cose in modo assolutamente indiscutibile. Due cose. La prima è che nessuno, proprio nessuno, ha mai raccomandato ai capi di Consip “Romeo Gestioni” perché fosse favorita nelle gare d’appalto. La seconda è che invece furono favorite diverse altre aziende concorrenti, e che questi favori, ragionevolmente, danneggiarono la Romeo.

Provo a essere più chiaro. Le inchieste Consip sono essenzialmente due: una riguarda solo il Gruppo Romeo, che è giunta a processo – anzi, il processo sta per concludersi – e di questa parleremo meglio tra qualche riga. L’altra riguarda moltissime altre persone, tra le quali i personaggi eccellenti della politica – quelli che piacciono sempre molto ai Pm che sperano di poter ottenere fama dai loro nomi – tra i quali il papà di Matteo Renzi e il suo amico ed ex ministro Luca Lotti. Le carte delle quali ora vi parliamo si riferiscono a questa seconda inchiesta. I Pm avevano chiesto l’archiviazione, ma l’archiviazione era stata respinta dal Gip Gaspare Sturzo che aveva sollecitato nuove indagini. Le nuove carte sono i risultati di queste nuove indagini. Cosa dicono? Rivelano scenari che interessano molto l’altra inchiesta, cioè il processo in corso.

In questo processo Alfredo Romeo è accusato di avere pagato un certo Marco Gasparri, che era un dipendente Consip, perché lo aiutasse a vincere le gare. Romeo gli avrebbe dato una cifra imprecisata, in date imprecisate, in forme imprecisate, in luoghi imprecisati. Imprecisati per la semplice ragione che non è stato trovato nessun riscontro, niente, neppure con le intercettazioni (Romeo è stato intercettato costantemente per circa dodici anni), neppure coi bigliettini cercati nella spazzatura dal maggiore Scafarto, neppure con i pedinamenti e gli appostamenti sotto l’ufficio (Ma se uno lo intercettano per dodici anni e non trovano niente, sicuri che va arrestato?). Ora dalle carte risulta una novità molto importante: l’ad di Consip, Luigi Marroni, e il capo della commissione giudicante sui concorsi di appalto, Francesco Licci, sostengono di avere ricevuto varie pressioni per favorire questa o quella ditta che partecipava alle gare d’appalto, ma mai nessuna pressione a favore di Romeo. Le ditte in questione sono la Cofely, sponsorizzata da Denis Verdini, la Manutencoop, sostenuta dal Pd, la Omnia Service, sostenuta da un certo Russo, a quanto pare per conto del papà di Renzi, e la Team Service sostenuta appunto da quel Marco Gasparri che è un po’ la chiave di volta di questa vicenda.

Gasparri ha sostenuto di avere incontrato molte volte Romeo e di avere ricevuto da lui una certa somma. Prima ha detto 100mila, poi ha detto meno, non sa in che forma né esattamente quando. Si è poi saputo che Gasparri lavora per una delle società concorrenti di Romeo, ed esattamente per la società che dopo l’arresto di Romeo dovuto alle dichiarazioni di Gasparri, era subentrata nella vittoria di un appalto che spettava a Romeo ma che gli era stato sottratto proprio per le dichiarazioni di Gasparri. In uno dei verbali dell’interrogatorio di Marroni (ripeto: ad di Consip) si legge testualmente: «Al riguardo mi preme osservare che all’epoca dell’incontro con Russo, Romeo era un soggetto neutro. Adesso non è più neutro, anche perché mi ha citato per danni con una richiesta di risarcimento di un miliardo e mezzo. Tuttavia ribadisco che la società che Russo mi chiese di aiutare non era certamente la sua». Russo, secondo l’accusa, premeva su Consip a nome del papà di Renzi. Il concetto è ripetuto varie volte anche da Licci. Dagli interrogatori di Licci risulta che Gasparri e Russo cercarono di favorire le società concorrenti di Romeo e mai Romeo. In nessuna pagina di tutte queste carte si legge che qualcuno abbia sentito Gasparri parlare della Romeo gestioni. Mai.

Poi c’è un ultimo elemento, che i magistrati conoscono: dal 2008 la Romeo Gestioni ha partecipato a una decina di gare Consip e le ha perse tutte. L’ultima che ha vinto è di 12 anni fa. Strano tipo di corruttore questo signore che compra, compra e non porta mai a casa niente…
Chiaro il quadro? Beh, però la Procura non demorde. Non vuole perdere la partita. In queste ore al processo in corso a Romeo si dovrà prendere una decisione importante: se dichiarare utilizzabili o inutilizzabili le intercettazioni portate dall’accusa. Sono le cosiddette intercettazioni a strascico, ordinate dalla magistratura per un reato diverso e non collegato a quello che è oggetto del processo in corso. Vengono usate, in genere, quando si vuole prendere di mira qualcuno.

Si trova un reato pretesto per intercettarlo e poi lo si spia per mesi finché non si trova un qualche reato. Cioè, non si indaga su un reato ma su una persona. Violando così la legalità. E infatti recentemente la Cassazione, a sezioni unite, ha dichiarato inutilizzabili le intercettazioni a strascico. Il Pm del processo Romeo però ha chiesto alla giudice di non tenere conto della sentenza della Cassazione – diciamo così: di violarla – e di ammettere le intercettazioni. Peraltro in queste intercettazioni – che io ho letto – non c’è scritto mai e poi mai che Romeo ha pagato Gasparri. C’è scritto solo che Romeo ha incontrato varie volte Gasparri, e non gli ha chiesto nessun favore, nessun consiglio, nessuna raccomandazione.

Però sono l’unico appiglio per la Procura. Se dovessero cadere il processo diventa una fontanella senza acqua. Per evitare questa possibilità la Procura ha messo in moto la sua potenza di fuoco mediatico. Non indifferente. Il suo giornale (Il Fatto di Travaglio) è impegnato allo spasimo per cannoneggiare la sentenza della Cassazione. E anche per trovare nuove accuse contro Romeo. L’ultima, alla quale ha dato molto spazio, è la prova provata che una volta quel Russo, del quale abbiamo già parlato molto, ha fornito a una funzionaria di Palazzo Chigi il numero di telefono fisso della segretaria di Romeo. Non si sa se poi questa funzionaria gli abbia telefonato. Il Fatto però dice che non si può escludere che la telefonata ci sia stata, e che la segretaria gli abbia passato Romeo, e che magari a quel punto sia intervenuto anche Renzi – come fai ad escluderlo? – e che i due potrebbero avere organizzato un delittaccio brutto. Non scherzo mica: loro ragionano così. E se tu ti permetti di ridere, dicono che sei complice della mafia…

P.S. Romeo è un cittadino italiano del tutto incensurato. Finora ha subito circa 15 processi con almeno una trentina di capi di imputazione. È stato sempre assolto o archiviato, e una volta – una sola volta – prescritto. È stato arrestato tre volte. Io non so esattamente quando scatti la possibilità di usare la parola “perseguitato”. Forse devo aspettare ancora un po’… Ma intanto mi chiedo: perché lo hanno preso di mira? C’è una ipotesi possibile? La ragione – se ho capito bene – è semplice: sono furiosi perché nonostante dodici anni di inchieste, arresti, avvisi di garanzia, processi, interdizioni, appalti cancellati, la sua azienda non è ancora fallita. Il partito dei Pm ritiene che se una azienda finisce sotto processo deve fallire. Sennò a che serve la magistratura? Se non fallisci sei un ribelle e vai stroncato. Del resto l’Italia, quando iniziò 25 anni fa l’offensiva dei Pm, era la quarta potenza industriale. Poi ci hanno pensato loro…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.