Metti una sera Giuseppe Conte, Alessandro Di Battista e Marco Travaglio attovagliati a cena. Il risultato? Quello che all’interno del Movimento 5 Stelle qualcuno ha già definito “patto della Barchetta”, dal nome del ristorante romano a due passi da Castel Sant’Angelo, nel centro della Capitale, particolarmente frequentato da politici e imprenditori.

Una cena di cui da conto Repubblica, in un retroscena che evidenzia la presenza dei tre a tavola in una saletta del ristorante, assieme ad altri 4-5 esponenti del Movimento, riuniti la scorsa settimana dopo spettacolo teatrale del direttore del Fatto Quotidiano sul “Conticidio”.

Di cosa si sia parlato a tavola non è complicato immaginare: è noto infatti il ‘flirt’ in corso tra l’ex premier e il ‘pasdaran’ ex 5 Stelle Di Battista, che da tempo utilizza i social e i suoi interventi sulla stampa per cannoneggiare contro Luigi Di Maio e quella parte del Movimento troppo vicina al Partito Democratico.

La richiesta di ‘Dibba’ è chiara da tempo: staccarsi da quello che viene considerato “l’abbraccio mortale” dei Dem di Enrico Letta, tornare a essere “battitori liberi” in Parlamento e riconquistare così l’elettorato grillino deluso dal ‘governismo’ a 5 Stelle, con una legislatura in cui i pentastellati sono passati dall’alleanza con la Lega a quella con Pd e Italia Viva, fino al governo Draghi con tutti dentro ad esclusione della Meloni.

Ad affossare il ‘campo largo’ con Letta ci aveva pensato anche Marco Travaglio martedì, in un articolo sul Fatto Quotidiano in cui definiva il Partito Democratico “il partito del potere per il potere che non ha idee perché, appena gliene viene una, si spacca in otto correnti. Infatti adotta la tecnica anti-orso: fingersi morto per sopravvivere”. Travaglio ricordava a Conte come il Movimento “guadagna voti quando è solo contro tutti e li perde quando si avvicina troppo agli altri”.

Dopo la tavolata alla Barchetta le chat interne si sono infiammate, racconta Repubblica. Il Movimento anche in questo si dimostra spaccato: c’è chi sottolinea come “l’avvocato del popolo” si ancora deciso a tenere insieme l’alleanza con i Dem di Letta e chi invece ritiene che Conte sia ormai pronto a sganciarsi dall’alleanza, come dimostrato già ieri col voto sul conflitto di attribuzione su Renzi e il caso Open, per far rinascere il Movimento delle origini, quello movimentista e di piazza.

Ovviamente dallo staff dell’ex premier si è tentato di minimizzare l’incontro con Dibba e Travaglio, un rendez-vous casuale in cui si è parlato di politica ma “solo qualche battuta”. Anche perché su Conte pesa ancora la spada di Damocle della battaglia legale sulla sua leadership sospesa dal tribunale di Napoli, che tra una settimana si si esprimerà sull’istanza degli avvocati di Conte per riabilitare lo Statuto che ha permesso la sua elezione a presidente del Movimento.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia