Conte balbetta tra Macron e LePen. Letta, proprio ieri davanti alla Stampa estera, rilancia la Confederazione europea, auspica un’accelerazione per l’adesione alle Ue di paesi dell’est Europa come l’Ucraina e porta avanti l’embargo al gas russo. Ribadisce il filoatlantismo del Pd e la scelta di stare con la resistenza Ucraina e con il governo Draghi. Mentre una parte del partito, quella più a sinistra, mostra sofferenza. In tutto questo arrivano le parole del presidente Mattarella che senza se e senza ma dice una sacrosanta verità: “La pace fu conquistata con le armi”. E davanti alle Associazioni Combattentistiche e d’Arma argomenta: «L’attacco violento della Federazione Russa non ha giustificazioni. La pretesa di dominare un altro popolo, di invadere, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo».
Il tutto alla vigilia di un 25 Aprile dove l’Anpi, una parte almeno, non ne vuole sapere di definire Resistenza quella del popolo ucraino in armi. Grazie, soprattutto, ai rifornimenti di sistemi d’arma garantiti da Europa e Stati Uniti. Il Nazareno alle prese con il magma del pacifismo, a un passo dal cinismo, di sinistra nel pieno della campagna elettorale per le amministrative. E, poiché gli osservatori sono concordi nel dire che i tempi della guerra in Ucraina non saranno brevi, è forte il rischio che i mal di pancia siano destinati a pesare anche nella campagna elettorale per le politiche. Un grosso guaio per il campo largo che Letta aveva sognato di schierare contro il battaglione del centrodestra. Anch’esso, ridotto in brandelli almeno a giudicare dal nulla di fatto sulle candidature per le amministrative. E diviso in tre anche sulle alleanze in Europa: Forza Italia saldo nel Ppe, Fratelli d’Italia con i Conservatori “polacchi”, Salvini con Marine Le Pen. Senza rivendicarlo. Almeno fino a domenica sera, quando le urne francesi consegneranno il nome del nuovo inquilino dell’Eliseo. Sullo sfondo torna così ad agitarsi il tema della legge elettorale. Un bel proporzionale per levare tutti d’imbarazzo.
In realtà l’equidistanza di Conte tra Macron e Le Pen – candidamente dichiarata l’altra sera in tv – è legata a filo doppio e triplo con tutte le altre equidistanze mostrate da Conte negli ultimi mesi. Scriveva ieri mattina con una deliziosa sintesi Claudio Cerasa su Il Foglio: «Né con Biden né contro Biden. Né con Draghi né contro Draghi. Né con le armi né contro le armi. Né con i termovalorizzatori né contro i termovalorizzatori.…». Il neneismo-populismo di Giuseppe Conte è un problema serio per Enrico Letta. Difficile mettere sotto il tappeto anche questo ultimo “né-né”. Il segretario non vuole alimentare tensioni. Ieri, davanti alla Stampa estera appunto, ha ribadito con chiarezza da che parte sta il suo Pd. Oggi e domani. E per quanto non voglia alimentare tensioni, dalla maggior parte dei parlamentari Pd – da Orfini a Ceccanti ad Alfieri, giusto per indicare tre “correnti” diverse del Pd – arriva netto il messaggio: “No a tentennamenti nel campo progressista”. Base Riformista, la corrente che fa capo al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, non ha dubbi: “Ora è necessario un chiarimento”.
Ieri Conte lo ha tentato, a modo suo. Attaccando. «Io non so cosa chiede il Pd (cioè, il chiarimento, ndr). Non so se lo chiedono poi i nostalgici di Renzi che sono ancora nel Pd e non voglio entrare nelle valutazioni del Pd ma invito il Pd a non entrare nelle valutazioni personali. Ho visto che si vuole speculare e fraintendere le parole che ho detto. Sono stato molto chiaro: il Movimento 5 stelle – ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio – è molto distante dalle politiche che fa la Le Pen. Se si vuole speculare si specula, ho detto un’altra cosa e cioè che i temi posti dalla Le Pen, quando si parla di perdita del potere d’acquisto, di fasce della popolazione che sono in sofferenza, sono temi veri. Le soluzioni non le condivido ma sono temi veri». Che detto a 48 ore dal ballottaggio francese suona come un pericoloso ammiccamento. Non ci sono dubbi che la vittoria di Le Pen, assieme alla vittoria di Orban, sarebbe un pericoloso scivolamento dell’Europa verso il populismo. Che, tra le altre cose, ammicca a sua volta a Putin e al putinismo.
Conte imbarazza il Pd. «Conte può dire come fanno i democratici di tutta Europa che sta dalla parte di Macron – lo incalza ad arte il senatore Pd Andrea Marcucci – In fondo non è difficile. Basta seguire il ministro Di Maio». Conte, infatti, imbarazza anche i 5 Stelle. Di Maio, a cui sempre di più il Nazareno guarda come il vero leader 5 Stelle, ha già chiarito qual è la parte giusta dove stare. I guai però, per il campo largo, arrivano anche da sinistra. Sotto Pasqua era stata Valentina Cuppi, presidente dell’assemblea nazionale dem, a far scricchiolare la ‘pace’ imposta dal segretario Letta all’indomani della guerra in Ucraina. La sindaca di Marzabotto aveva dato voce ai tanti malumori repressi che si trovano soprattutto nell’area sinistra del partito, dalle parti del vice segretario Provenzano. A fine febbraio, quando Putin invase l’Ucraina, Letta spiazzò tutti con una posizione fieramente atlantista, in linea con il ministro della difesa Lorenzo Guerini. Una posizione talmente netta che bloccò sul nascere i tanti distinguo che sono poi esplosi nella galassia del Pd.
La sinistra dem era orgogliosamente in piazza con Landini in piazza San Giovanni, un corteo che fece parlare per l’assenza di bandiere ucraine. Un neutralismo che oggi si ripropone pari pari in vista delle celebrazioni del 25 Aprile da cui il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo vorrebbe tenere lontana la Resistenza ucraina. Il problema è che Pagliarulo è di Rifondazione comunista, un cossuttiano doc. Che poco o nulla c’entra col Pd. Tra gli strappi di Conte e gli scricchiolii della sinistra del Pd, il campo largo di Letta assomiglia sempre di più a un campetto piccolo piccolo. Meno male che c’è Mattarella e il suo definitivo: «L’attacco di Mosca ricorda le pagine buie dell’imperialismo».