Anche quando fa cose giuste, da ultimo il sostegno a Lula presidente, Conte ci mette quel tocco in più di creatività e finisce per combinare sempre una delle sue classiche frittate. È in atto una guerra piena di effetti speciali per conquistare l’egemonia. A chi la guida dell’opposizione, al Pd o al M5S? Non ha esitazioni Salvatore Cannavò, già deputato di Rifondazione Comunista e ora firma del giornale di Travaglio, un foglio politicamente vicino al movimento di Grillo e però sul piano culturale avente un’affinità sin troppo chiara con i temi caldi della destra radicale di Meloni, ribadita da ultimo dalla condivisa sensibilità sul mantenimento dell’ergastolo ostativo e dal giubilo per l’abbandono ideologico del paradigma scientista a supporto dell’obbligo vaccinale.

Prendendo spunto dal voto brasiliano di domenica scorsa, il giornalista elogia “Giuseppe Conte che è stato lesto ancora una volta a posizionare il Movimento 5 Stelle”. Suggestiva è tutta la narrazione dell’evento. Rispetto a Conte, scattante come una lepre, il Fatto rimarca che il Pd come una tartaruga non ha, per l’ennesima volta, esibito “altrettanta agilità e guarda distratto a quanto avviene al di là dell’atlantico”. Impressionato della velocità supersonica ormai raggiunta in ogni prestazione politica dall’avvocato-presidente, Cannavò riproduce per intero un suo tweet, che l’ex parlamentare deve trovare avvincente: “ ‘Il Brasile, amalo o lascialo’. Le parole del grande Jorge Amado alla vigilia del voto brasiliano, ci ricordano che la sfida di Lula per rilanciare equità, giustizia sociale e ambientalismo parla ai progressisti di tutto il mondo. Boa sorte! #Lulapresidente”.

Che Conte si schieri con la sinistra brasiliana non può che rallegrare. Appena qualche mese fa non disse mezza parola per il ballottaggio francese con l’Eliseo in palio tra Macron e Le Pen. E in precedenza aveva pure osannato la grande amicizia con Bolsonaro, culminata nell’esibizione esilarante dei suoi ministri Bonafede e Salvini in divisa a Ciampino per accogliere Battisti, con tanto di pubblicazione di un video-show musicale. Ora però che è iniziata la sua quarta vita, quella di capo progressista dell’opposizione, il leader del M5S deve mettere il cappello ovunque si accenni a qualcosa di sinistra o, come preferisce dire lui per evitare l’impegnativa parola, “progressista”.

Che Conte scomodi la figura di Amado per attribuirgli la paternità di uno slogan politico in realtà maledetto (creato proprio dalle milizie fasciste contro i rossi sovversivi e antipatriottici) ci può anche stare. Non appartiene ad una certa storia politica. Stupisce invece il fatto che Cannavò non trovi strana la genesi di una frase ambigua, e sul piano storico ispiratrice di una feroce repressione per le personalità con gli stessi ideali di Amado, un suo illustre “collega”, visto che anche il grande scrittore brasiliano è stato parlamentare comunista e per decenni militante del partito.

L’infausto slogan “Brasil, ame-o ou deixe-o”, che il duo infelicemente attribuisce al grande esule Jorge Amado, ha in realtà visto la luce proprio durante gli anni spietati della destra reazionaria brasiliana insediatasi con la violenza al governo. La frase divenne infatti una ideologia ufficiale del regime durante la cupa dittatura militare del generale Emílio Garrastazu Medici, che la copiò letteralmente da un manifesto anch’esso conservatore, dell’establishment americano, lanciato nel clima di piena ostilità contro i movimenti pacifisti sorti ai tempi del Vietnam:USA, love or leave it”.

Un recente romanzo di Henrique Schneider (1970: La tragedia dei desaparecidos brasiliani durante la finale della Coppa del mondo, Hellnation book, 2022) aiuta a ricostruire la genesi e il significato politico terribile dello slogan che con Amado (una vittima dell’accanimento dei patrioti che amano il Brasile e allontanano i rossi che non lo adorano) c’entra ben poco. Un brano del libro rende bene il senso storico-politico della questione: “Allora perché non tifi? Lo sguardo del carceriere trasmetteva un obbligo. Raul si ricordò degli adesivi che aveva visto su alcune macchine, che aveva sempre trovato abbastanza privi di senso. Ma cosa rispondere all’uomo accanto a lui, che attendeva la risposta con uno sguardo simile a quelli che gli aveva lanciato durante le sessioni di tortura?”.

Raul era un mite impiegato di banca, al quale nella vita quotidiana piaceva solo il calcio, non si occupava di politica. Ma questo stile apatico non gli bastò per sfuggire alle grinfie del regime insediatosi con il golpe del 1964 e ossessionato dal rosso tanto da vedere i comunisti ovunque. Poco prima della attesa finale di Messico ’70, anche il placido Raul venne sbattuto in cella e a lungo seviziato perché appunto scambiato per un pericoloso comunista. Ecco, la dittatura del truce generale Medici aveva orchestrato una ossessiva campagna mediatica e propagandistica, con adesivi appiccicati su tutte le macchine, sopra i quali ben campeggiava la scritta incriminata: “Brasile, amalo o lascialo”. Il significato ideologico del motto è del tutto trasparente: chi sta con il regime militare rimanga in Brasile; chi invece si oppone lo abbandoni. Sottinteso: vivo o morto.

Ha un che di immorale, e per questo crea un immenso disagio, attribuire ad Amado, l’internazionalista fuggiasco, lo slogan nazionalista e repressivo dell’ “amalo o lascialo” (in prosa: “Chi non vive per servire il Brasile, non è idoneo a vivere in Brasile”). Il duo Cannavò-Conte, con le parole apocrife dello scrittore rosso, augura a Lula di vincere, ma si serve di uno slogan sanguinolento e nero che proprio il presidente ex militare suo avversario ha recuperato a fini repressivi 50 anni dopo. Incredibile, sarebbe stato come dare la solidarietà di Maduro alla sinistra contro Meloni con la formula augurale: “Vincere e vinceremo”. Il motto propagandistico-pubblicitario lanciato nel 1970, con la spesa di milioni di cruzeiros, fu poi raccolto nel 2018 e ampiamente riciclato nella Tv spazzatura del regime di Bolsonaro.

In uno dei programmi, la voce ufficiale dell’emittente, l’annunciatore Carlos Roberto, scandisce: “Brasil, ame-o ou deixe-o”. Tutto bene quel che finisce bene. I due, con l’augurio di vittoria rivolto a Lula accompagnato però dalle immagini di morte care al suo nemico neo-fascista, che l’avrebbe volentieri accompagnato all’abbandono, non hanno influito in negativo sul voto. Però a Conte si può raccomandare meno irruenza nella premeditata sostituzione del santino di Padre Pio con altre icone rosse che non conosce bene. E poi ha già troppi selfie imbarazzanti in giro e difficili da far dimenticare.

A Cannavò, che è agli inizi di un percorso di ricerca e quindi presta cieca fiducia ad un “lesto” docente ordinario, come consiglio benevolo si può prescrivere la lettura di alcune pagine (stupende) di Locke e di Kant. In particolare, quelle sulla necessità di non fidarsi di nessuna fonte, di controllare ogni informazione, di criticare ogni cosa e di vagliare qualsiasi argomento facendo funzionare sempre la propria testa. Insomma, un po’ di sano illuminismo: Sapere aude!