Ritrovare il protagonismo (perduto)
Conte Jep Gambardella, fa la festa a Meloni con il ‘Var’ e spegne in culla la Schlein federatrice
Non appena è calato il sipario sulle due feste parallele di Atreju, l’appuntamento di Fratelli d’Italia, e di Studios, quello del Pd, è arrivata la convocazione di una conferenza stampa ad oggetto misterioso da parte di Giuseppe Conte: «Incontro i giornalisti lunedì alle 11 per una comunicazione importante». Neanche il tempo di ragionare sul discorso di Giorgia Meloni sotto il sole di Castel Sant’Angelo e su quello che Elly Schlein ha tenuto al chiuso di una sala di produzione sulla Tiburtina, e già Conte ricompare in scena, sempre con l’abile regìa di Rocco Casalino alle spalle. Impossibile non pensare al Jep Gambardella de La Grande Bellezza. «Io non volevo solo partecipare alla feste, volevo avere il potere di farle fallire», diceva il protagonista nel film di Paolo Sorrentino. E infatti Conte riunisce la stampa alla Camera dei Deputati per darne – metaforicamente – di santa ragione a Meloni e a Schlein. In parti uguali.
La notizia numero uno è che la premier Giorgia Meloni è oggetto di una contestazione formale, ai sensi del Regolamento di Montecitorio, per aver diffuso una falsa informazione nel corso delle sue comunicazioni all’aula. Quando ha tirato in ballo Conte per il Mes ha dichiarato, è pronto a far notificare il leader dei Cinque Stelle, il falso. Tanto che colui che si era autoproclamato Avvocato del popolo torna, più modestamente, a vestire i panni dell’avvocato di se stesso. O al più del suo gruppo parlamentare. E tira giù una richiesta di adire il Gran Giurì della Camera ai sensi dell’articolo 58 del Regolamento. Dopo averne informato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, per preavvisarlo. E poco dopo gli ha fatto recapitare una missiva che esorbita dal confronto politico – anche aspro, tipico dell’Aula – per atterrare nel più scivoloso terreno disciplinare.
«Le dolose menzogne del Presidente del Consiglio nonché deputata Giorgia Meloni hanno offerto sul Mes e sui trascorsi del governo Conte una rappresentazione della realtà dei fatti completamente ribaltata. Si tratta di un precedente di assoluta gravità, anche perché queste dichiarazioni sono state rilasciate non nel corso di una festa di partito, ma nell’Aula della Camera, in un contesto istituzionale particolarmente solenne e sono state riprese da tutti gli organi di stampa. Per conseguenza la compromissione dei miei beni morali dell’onore e della reputazione e la falsa ricostruzione del mio operato di Presidente del Consiglio dei Ministri e di deputato in carica appaiono particolarmente rilevanti nell’entità e nella portata diffusiva». Il ricorso è tanto atipico quanto poco efficace, in termini reali. L’organismo, una sorta di Var per l’accertamento tecnico dei fatti in Aula, è stato già chiamato in causa dal Pd alcuni mesi fa. Venne riunito infatti tra il febbraio e il marzo di quest’anno su richiesta dei deputati dem Silvio Lai, Andrea Orlando e Debora Serracchiani, dopo le accuse rivolte loro in Aula dal coordinatore di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, per la visita in carcere compiuta insieme al senatore Dem Walter Verini all’anarchico Alfredo Cospito.
Proprio al Pd sono state dedicate le sferzate di Conte, nella conferenza stampa di ieri. «Elly Schlein può fare la federatrice? Come no, certo. Può provare a federare le correnti del Pd. Lì ce ne sarebbe un gran bisogno», ha tagliato corto il leader M5S, interrogato sul punto da una domanda. E la porta – ancora metaforicamente – sbattuta in faccia a Elly Schlein proprio all’indomani della sua incoronazione da parte di Romano Prodi a «federatrice» mette fine in culla a quel progetto. Escluso il M5S, che ieri ha fatto sapere di voler correre da solo alle Europee, senza la candidatura di Conte e in concorrenza agguerrita sul Pd su ambiente, armi e reddito di cittadinanza, alla «Federazione» del Pd potrebbero iscriversi solo i Verdi di Bonelli e la Sinistra Alternativa di Fratoianni. Dal Pd hanno capito subito il senso della sportellata. Debora Serracchiani è spazientita: «Conte ha governato con i sovranisti e con noi, decida e dica a chi si sente più vicino senza chiedere a nessuno di sottoporsi a esami di correttezza politica».
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