Tra le tante questioni che non tornano sul caso “Report-Renzi” ce n’è una che mi sembra la più grave: il messaggio che la trasmissione ha inteso mandare con il suo racconto. Un messaggio che in pratica ha ricalcato la propaganda fatta in queste settimane dai principali sostenitori del vecchio governo Conte: il presunto “complotto” che starebbe dietro la caduta del Conte 2.
Guardando la trasmissione andata in onda lunedì, infatti, si è portati a pensare che dietro l’azione di Renzi e Italia Viva ci siano state chissà quali oscure trame. Basta seguire la sequenza temporale indicata da “Report” sul fatidico 23 dicembre: la mattina Renzi va da Myrta Merlino su La7 a chiedere che Conte lasci la delega ai servizi segreti; poi Renzi va in carcere a trovare Denis Verdini (con le immagini di Rebibbia); poi c’è l’incontro all’autogrill con il dirigente dei servizi Marco Mancini, ripreso non si sa da chi e perché.
Chiunque veda una narrativa del genere è portato a pensare a chissà quali macchinazioni. Davvero la redazione di “Report” e il suo direttore Sigfrido Ranucci, un giornalista di grande esperienza, pensano che dietro l’azione di Renzi che ha portato alla nascita del Governo Draghi ci siano oscuri complotti internazionali? Sono davvero convinti di questo?
A prescindere dalle convinzioni, sarebbe bastato approfondire in maniera più seria e completa la questione per vedere che tutto ciò che era accaduto nei mesi precedenti porta a pensare il contrario.
Innanzitutto la questione Mancini. Almeno dal 2019 i più informati giornalisti di questioni riguardanti l’intelligence avevano scritto più volte che a voler dare una promozione a Mancini nei servizi erano il presidente Conte in persona e il suo più stretto collaboratore, il direttore del Dis Vecchione. Il 15 maggio 2019 Carlo Bonini su “Repubblica”, in un articolo dal titolo “Il piano del governo per spartirsi i vertici dei servizi segreti”, racconta come Conte, con il sostegno dell’allora sottosegretario M5s Tofalo e dell’allora vicepremier Salvini, stesse lavorando per nominare Mancini vicedirettore dell’Aise. Il 19 aprile 2020, sempre su “Repubblica”, Giuliano Foschini in un articolo sull’addio del generale Carta all’Aise (passato a Finmeccanica) parla ancora del possibile ruolo di vicedirettore Aise per Mancini. Il 14 maggio 2020 Cristiana Mangani su “Il Messaggero” parla dello “scontro sul nome di Mancini come vice”, nomina per la quale “non tutta la maggioranza si è trovata d’accordo”. Il 3 settembre 2020 esce sulla “Stampa” un articolo a firma Jacopo Iacoboni, dal titolo “Mancini a rischio e le nomine di Conte hanno riacceso una guerra nei Servizi”. Occhiello: “Il primo ministro insiste sull’ex agente del Sismi del caso Abu Omar. Vecchione spinge per lui”.
Scrive Iacoboni: “Il presidente del Consiglio, con estremo gradimento del direttore del Dis Gennaro Vecchione (un gradimento così esibito che quasi non se ne capiscono le ragioni), si è impegnato molto su (e con) Mancini, già direttore delle operazioni del Sismi di Pollari. (…) Il premier sta continuando a dire a diversi interlocutori, fino a pochi giorni fa, che supererà le resistenze su Mancini”. Il 10 novembre 2020 “Il Fatto Quotidiano” scrive che, naufragata ormai l’ipotesi Aise, ora per Mancini si parlerebbe di vicedirezione del Dis, guidato dal fedelissimo di Conte Gennaro Vecchione: “Il ritorno di Mancini: in ballo la nomina a vice degli 007”.
Insomma, questa sintetica rassegna stampa fa capire chi fosse a spingere per la nomina di Mancini: il premier Conte, con il suo collaboratore Vecchione. Tutto questo, stando a quanto scritto sui quotidiani e mai smentito, è avvenuto nei mesi che hanno preceduto l’incontro di Renzi e Mancini all’autogrill, il 23 dicembre 2020. Perché “Report” non ha raccontato anche questi fatti? Perché non ha contestualizzato la vicenda, lasciando credere che esistesse solo chissà quale rapporto tra Renzi e Mancini?
Sulla gestione da parte di Conte dei servizi segreti, peraltro, non solo Renzi ma tutta Italia Viva da mesi avevano sollevato dubbi. Io stesso, ad agosto 2020, fui tra quelli che protestarono per il colpo di mano di Conte, che all’insaputa di tutti e anche del Copasir inserì in un decreto Covid un codicillo per prorogare le sue nomine al Dis e ai Servizi addirittura oltre il mandato del suo governo. Quando fu scoperto grazie ad una grande firma del “Corriere della Sera” come Francesco Verderami, Palazzo Chigi accusò addirittura il giornalista di aver scritto il falso, un’accusa poi smentita senza che la presidenza del Consiglio chiedesse scusa alla stampa. Perché “Report” non ha ricordato in maniera chiara e netta che Italia Viva da mesi era critica sull’accentramento di Conte sui servizi segreti? Perché non ha ricordato in maniera più articolata quali erano i rilievi che da mesi Italia Viva e Renzi avanzavano, lasciando invece credere che Renzi avesse deciso di attaccare solo quel giorno, proprio in concomitanza con l’incontro su Mancini?
L’incontro Renzi-Mancini non nascondeva nulla di illecito, né reati, ma è stato presentato come chissà quale oscura macchinazione. Il messaggio inviato è apparso incompleto, se non tendenzioso. Ora aspettiamo che “Report” dedichi una puntata alla gestione che Conte ha fatto del sistema dell’intelligence nei suoi quasi 3 anni di governo, primo e unico premier nella storia della Repubblica ad aver tenuto per sé per un tempo così lungo la delega ai servizi segreti.