Il libro di Anastasia, Corleone e Pugiotto
Contro gli ergastoli, perché bisogna cancellare il fine pena mai senza paura
Agosto è mese di letture, complice il tempo lungo delle sue afose giornate. Vale anche per deputati e senatori, specialmente se chiamati ad affrontare – alla ripresa dell’attività parlamentare – temi cruciali rimasti in sospeso, ma da risolvere a scadenza certa.
Tra questi va annoverato il superamento dell’ergastolo ostativo. Com’è noto la Corte costituzionale nel maggio scorso, con ordinanza n. 97, ne ha accertata (ma non ancora formalmente dichiarata) l’illegittimità, «dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia»: un anno, entro il 10 maggio 2022.
Ecco perché merita una segnalazione la pubblicazione del libro curato da Stefano Anastasia, Franco Corleone, Andrea Pugiotto, Contro gli ergastoli (Futura, Roma 2021, pp. XII-250). Chi ne scrive qui è palesemente in conflitto d’interessi. Mi si può perdonare data la natura collettanea del volume cui contribuiscono dieci firme diverse, non solo quelle dei tre curatori.
Esito di un progetto concepito un anno fa, le radici del volume sono in realtà ben più profonde. Risale infatti a oltre un decennio la pubblicazione – nella medesima collana de La Società della Ragione – di un volume intellettualmente provocatorio curato da Anastasia e Corleone, Contro l’ergastolo (Ediesse, Roma 2009, pp. 144). Quel libro individuava nel carcere a vita il tema per recuperare una riflessione costituzionalmente orientata su reati e pene. Lo faceva in un momento in cui «suscitare un nuovo moto di ribellione contro l’ergastolo» poteva sembrare una fuga in avanti, quasi un parlar d’altro. Ciò che è accaduto da allora, invece, attesta la lungimiranza di quella pionieristica pubblicazione.
Il “fine pena mai”, infatti, è prepotentemente salito alla ribalta a più riprese, riproponendo tutte le sue croniche criticità. È accaduto con l’istituzione della Corte penale internazionale che, pur giudicando crimini di guerra e contro l’umanità, non contempla nel suo arsenale sanzionatorio pene perpetue. Spiega l’introduzione per legge di un limite temporale massimo alle misure di sicurezza detentive, fino a ieri causa di un ergastolo mascherato per gli internati sine die in manicomi giudiziari. Alimenta il complicato contenzioso, nelle aule parlamentari e delle Corti dei diritti, sull’accesso al giudizio abbreviato – con conseguente conversione della pena perpetua in trent’anni di reclusione – per gli imputati di reati puniti con l’ergastolo. Tracima oltreconfine quando la Corte di Strasburgo, condannando anche l’Italia, arriva a equiparare una pena de facto perpetua a un trattamento inumano e degradante. Esplode con la messa in discussione a Palazzo della Consulta della sua variante ostativa che – in assenza di collaborazione con la giustizia – costringe l’ergastolano dietro le sbarre fino alla morte.
Oggi il nostro ordinamento è giunto a un bivio. Da un lato, sono mature le condizioni giuridiche per un definitivo superamento della pena perpetua, soprattutto in ragione delle accelerazioni impresse dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti, intrecciate da tempo in un fecondo dialogo. Dall’altro, mancano ancora le condizioni politiche per un simile cambio di paradigma, in una fase che fatica a scalzare l’egemonia di un bulimico pan-penalismo elettoralmente assai lucrativo.
In ideale continuità con il libro precedente, il nuovo volume si ripropone due compiti: accelerare la rimozione degli ergastoli dall’ordinamento; offrire alla politica argomenti per non opporsi a tale mutamento di segno, cogliendone semmai le potenzialità di riforma conseguenti. In questo duplice obiettivo si sono riconosciuti autrici e autori del libro, pur diversi per competenze e formazione culturale.
Il titolo del volume rivela che – se le parole hanno un obbligo di verità – dobbiamo abituarci a parlare di ergastoli, al plurale. Esistono infatti forme diverse di carcere a vita: comune, con isolamento diurno, ostativo alla liberazione condizionale, per folli rei quando condannati per delitti puniti con l’ergastolo. Così come c’è ergastolano ed ergastolano: essere condannati a vita a vent’anni d’età non è come esservi condannati a cinquanta; essere ergastolani sottoposti al c.d. “carcere duro” (art. 41-bis, ord. penit.) non è come scontare l’ergastolo in regime ordinario.
Le sue pagine ci raccontano che se la rimozione della pena di morte è avvenuta meritoriamente per via legislativa, non così (o non ancora) è accaduto per la pena fino alla morte. È stato semmai il Giudice delle leggi a rimodellarne le varie tipologie, decretandone il definitivo superamento o un provvisorio adattamento costituzionale. Nel tempo, infatti, la Consulta ha indicato nella concessione della liberazione condizionale, da parte dell’autorità giudiziaria (sent. n. 204/1974), l’istituto che «consente l’effettivo reinserimento anche dell’ergastolano nel consorzio civile» (sent. n. 264/1974). Ha cancellato l’ergastolo minorile (sent. n. 168/1994). Ha abbattuto l’ergastolo ostativo estremo incapsulato in una norma dell’ordinamento penitenziario (l’art. 58-quater, comma 4) responsabile di una vera iperbole sanzionatoria (sent. n. 149/2018). Ha reso accessibili i permessi premio per tutti i reati ostativi, anche se puniti con il carcere a vita (sentt. nn. 253 e 263/2019). Ha accertato l’incostituzionalità dell’ergastolo senza scampo segnandone definitivamente la sorte, per via legislativa o per giudicato costituzionale (ord. n. 97/2021). Di tutte queste declinazioni possibili il libro rende conto criticamente, perché «l’ergastolo non è la soluzione, ma il problema da risolvere» (come recita il suo sottotitolo, citando Papa Francesco).
Il pregio maggiore del volume – se posso dire – sta proprio nel guardare al “fine pena mai” da ogni latitudine.
L’indice mette in fila più saggi che, come tante tessere collocate al giusto posto, restituiscono un puzzle completo. La tormentata storia del mancato superamento legislativo dell’ergastolo, ricostruita attraverso gli atti parlamentari e i relativi dibattiti in aula (Franco Corleone). Le sue progressive erosioni ad opera della Corte costituzionale (Andrea Pugiotto) e della Corte Europea dei diritti (Barbara Randazzo), delle quali si ripercorre tematicamente la pertinente giurisprudenza. I danni d’agonia conseguenti a una pena perpetua che stravolge le categorie esistenziali di tempo e spazio (Stefano Anastasia). La rivelazione delle sue effettive dimensioni numeriche, frutto di un’inedita ricerca condotta attraverso fonti ministeriali (Susanna Marietti). La sua diffusione nel mondo ma anche la sua cancellazione in numerosi paesi, a dimostrazione che una scelta abolizionista è possibile (Davide Galliani). La ricognizione del diritto vivente in tema di concessione della liberazione condizionale, a svelarne le ambiguità di un’applicazione peraltro assai scarsa (Riccardo De Vito). Le sue diverse alternative sanzionatorie, prefigurate più volte in sede ministeriale e qui ripensate con originalità (Giovanni Fiandaca).
Impreziosito dalla prefazione di Valerio Onida dedicata all’ord. n. 97/2021 e al suo possibile seguito, il libro include anche un’illuminante e suggestiva appendice di testi di Papa Francesco, Aldo Moro, Salvatore Senese, Aldo Masullo; testi che meglio di altri svelano nel carcere a vita «una pena di morte nascosta» (come argomenta Grazia Zuffa, introducendoli).
Il volume offre così al dibattito pubblico una ricchezza di elementi capaci di zittire il canto corale secondo cui in Italia, de jure o de facto, l’ergastolo non esiste più. E invece esiste, eccome, più di quanto non esista mediamente in Europa. Al 31 dicembre 2020 gli ergastolani in Italia erano 1784 (il 4,9% della popolazione carceraria), dei quali 1267 ostativi. Tra il 2008 e il 2020, solo 33 hanno beneficiato della liberazione condizionale, mentre 111 sono morti dietro le sbarre.
Chi nega l’effettività dell’ergastolo, gioca con la vita degli altri; chi lo giustifica, legittima l’inaudito: volendo, poteva essere questa la frase in esergo al nostro volume. Buona lettura.
© Riproduzione riservata