Per António Manuel de Oliveira Guterres è stata «una grande occasione mancata». Come dar torto al portoghese, segretario generale delle Nazioni Unite. I cambiamenti climatici sono una delle più gravi minacce – la più grave secondo molti scienziati e analisti politici e servizi segreti – che incombono sulla testa dell’umanità in questo secolo. Il tempo per cercare di attenuarla – perché è ormai troppo tardi per sventarla – è pochissimo: non più di dieci anni. Eppure i rappresentanti di quasi 200 paesi a Madrid sono usciti da Cop 25, la venticinquesima conferenza delle parti che hanno sottoscritto la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con un nulla di fatto. Rimandando tutto all’anno prossimo, quando a Glasgow si terrà Cop 26.

António Guterres ha espresso la sua franca delusione a caldo, non appena si è chiusa la conferenza. Ma trascorsi ormai alcuni giorni, ragionando a freddo, il giudizio non cambia: quella di Madrid è stata una grande occasione mancata. Cerchiamo di capire perché. Analizzando, in primo luogo, le ragioni della ecodiplomazia. Facciamo un grande passo indietro, a Rio de Janeiro nel 1992, quando la convenzione sul clima venne messa alla firma. Ventisette anni fa gli scienziati avevano robusti indizi per affermare che il clima stava cambiando e la temperatura media del pianeta aumentando a causa delle azioni umane: l’uso di combustibili fossili che rilasciano grandi quantità di anidride carbonica e altri gas che si accumulano in atmosfera provocano un “effetto serra”; il cambiamento del regime dei suoi e, in particolare, l’abbattimento di foreste che provoca il medesimo effetto. Sebbene allora la certezza non fosse solidissima (ma era già solida), i governi dei Paesi di tutto il mondo accettarono il principio di precauzione e di conseguenza l’impegno a cercare di ridurre le emissioni antropiche dei gas che oggi vengono chiamati, con brutto termine, climalteranti e a sospendere del tutto la deforestazione.

Nel corso degli anni, la conferma scientifica del climate change e delle sue cause antropiche è venuta irrobustendosi fino a diventare inequivocabile. Si è compreso anche che molto era già avvenuto e non si poteva tornare indietro. Così a Parigi nel 2015 nel corso di Cop 21 i rappresentanti dei paesi di tutto il mondo, su spinta del presidente degli Stati Uniti, Barack H. Obama, ma anche del presidente della Cina, Xi Jinping, e dei leader dei Paesi europei si impegnarono a far sì che la temperatura media del pianeta a fine secolo non aumentasse più di 2,0 °C e possibilmente di 1,5 °C a fine XXI secolo rispetto al livello di 15 °C circa d’inizio XIX secolo, prima che iniziasse la rivoluzione industriale. Il fatto è che la temperatura media era già salito di 0,9 °C rispetto a quel periodo. Quindi il margine di incremento era piccolissimo.