La 29esima Conferenze delle Parti delle Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Baku, un nome pomposo che viene abbreviato in Cop29 è arrivato alla sua conclusione. La notizia più importante di questo evento è stata la sostanziale assenza di tutti i grandi del mondo che anche se riuniti al G20 di Rio negli stessi giorni hanno soltanto sfiorato il tema ambientale. Le tante promesse negli incontri precedenti sono state totalmente disattese in questo nuovo appuntamento e sono emersi gli enormi problemi finanziari per sostenere le transizioni energetiche dei paesi in via di sviluppo.

Il Sud non si fida più

Per una settimana intera si è cercato di capire come reperire i fondi che supererebbero il trilione di dollari e dal G20 è arrivata la proposta di coinvolgere anche alcuni paesi come la Cina e l’Arabia Saudita per reperire i fondi. Ma è sembrata mancare totalmente la fiducia da parte del cosiddetto Sud del Mondo che non ha più intenzione di fidarsi senza aiuti concreti. Papua Nuova Guinea non ha partecipato per sottolineare il mancato aiuto finanziario per i cambiamenti climatici che hanno moltiplicato gli eventi catastrofici nel Pacifico, l’Argentina ha addirittura abbandonato Baku in polemica con le Nazioni Unite arrivando a negare che il cambiamento climatico sia un problema reale. Il presidente argentino Javier Milei ha usato il palcoscenico dell’Azerbaigian per sottolineare ancora una volta il suo totale appoggio a Donald Trump ribadendo che il suo paese è pronto anche a scegliere il dollaro come valuta nazionale. Diversi paesi africani hanno lanciato accorati appelli sulla desertificazione delle terre coltivabili ed hanno chiesto l’azzeramento dei loro debiti per cercare di iniziare una transizione energetica.

Il passo indietro dell’India

Ma le notizie peggiori per la Cop29 sono arrivate dall’India, il paese con al crescita più rapida e continua del mondo, che ha deciso per bocca di un suo rappresentante di non utilizzare più fonti di energia rinnovabile e tornare al carbone. Un passo indietro gravissimo per le emissioni considerando che l’economia indiana è un treno corre a tutte velocità ed ha bisogno di energia in maniera sempre crescente. Nuova Delhi ha una prospettiva di crescita dell’8% per almeno un altro triennio con una rapida riconversione della forza lavoro dal settore agricolo al settore industriale. Più possibilista è invece apparsa la posizione della Cina che ha invece ridotto le licenze di utilizzo del carbone alle industrie nazionali, ma che non ha accettato limiti alle emissioni di CO2.

La situazione allarmante

India e Cina non hanno però fatto partecipare Xi Jinping e Narendra Modi, entrambi però presenti a Rio de Janeiro, e questo fa capire quanto la conferenza delle Nazioni Unite abbia ormai perso la capacità di fermare il cambiamento climatico. Il protocollo di Kyoto del 1997 e l’Accordo di Parigi del 2015 sembravano capisaldi indiscutibili, ma oggi anche se siamo di fronte a fenomeni climatici sempre più estremi, frequenti e devastanti i grandi del mondo sembrano sottovalutare il problema. Molte specie stanno tentando di reagire al cambiamento: gli uccelli migratori stanno cambiando periodi di arrivo e di partenza, le fioriture stanno anticipando, le specie montane si spingono in alta quota.

Una situazione allarmante sottolineata anche dal fatto che il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha pubblicamente definito il petrolio ed il gas un dono di dio, un’affermazione prevedibile in un paese che basa la sua economia sull’esportazione degli idrocarburi, ma che come gli Emirati Arabi prima di lui non sembravano il luogo giusto per parlare di transizione energetica.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi