Vittime e untori
Coronavirus, da made in China a made in Italy
Coronavirus: da Made in China a Made in Italy. Vittime e untori, siamo secondi in classifica come numero di decessi e primi in quella mediatica degli untori. Secondi e primi nel globo. Germania, Francia, Belgio, Olanda e gli altri paesi dell’Europa stanno in fondo alla classifica quasi in zona retrocessione, come se il Coronavirus fosse attratto dai sapori dell’Italia. Un morbo buongustaio, ma poco democratico. Che s’accanisce contro gli abitanti della penisola. In pochi giorni l’Italia è diventata l’unica colpevole da trascinare sul rogo mediatico. La Cina ora sia d’esempio: è l’eroe nazione che con determinazione sta sconfiggendo il male. Anzi, l’ha già debellato. Eroi loro, criminali noi. Ma allora, come ha testimoniato il giornalista cinese Li Zehua prima di essere arrestato, per quale ragione i settantaquattro forni crematori di Wuhan lavorano da mesi ventiquattro ore al giorno? Perché il coraggioso ragazzo è stato seguito dalla polizia dopo avere filmato l’esterno dei laboratori del Wuhan Institute of Virology? Argomento scomodo (in solitudine il Riformista l’ha già più volte trattato) che attiva complottistiche fantasie sulla rete.
Analizziamo i fatti, senza inseguire fantasmi. I pipistrelli nel 2003, come scrive il nostro Istituto Superiore di Sanità, «furono indicati come i serbatoi del Coronavirus della SARS in quanto vennero identificati nei pipistrelli diversi Coronavirus geneticamente molto simili al virus SARS-CoV isolato dai casi umani». È dunque sensato che in Cina, il paese più colpito dalla SARS, si sia iniziato a studiare con grande attenzione i vari coronavirus e i pipistrelli. Tali mammiferi sono i portatori sani anche dell’attuale Coronavirus. Ed è allo Wuhan Institute of Virology che si compiono studi e sperimentazioni. Così il comunicato stampa dell’istituto cinese del febbraio 2015: «La Commissione Nazionale di Pianificazione Sanitaria e Familiare della RPC e l’Accademia delle scienze cinese hanno inaugurato il laboratorio di biocontenimento livello 4 (P4) a Wuhan, nella provincia di Hubei, il 31 gennaio.
Riferendosi agli standard di costruzione internazionali del laboratorio di livello 4 di biocontenimento e alla costruzione relativa della Cina standard, il laboratorio, che è una delle mega strutture scientifiche finanziate dalla National Development and Reform Commission, è stato progettato da Francia e Cina, ed è stato installato e costruito da parte cinese. La struttura è una piattaforma essenziale per la ricerca e lo sviluppo contro le malattie contagiose, la prima entità nella storia della Cina dalla sua fondazione». La rivista scientifica medica Nature Medicine pubblica le scoperte più importanti degli studiosi dei laboratori di Wuhan. Ed è un articolo del 2013 (Isolation and characterization of a bat SARS-like coronavirus in the ACE2 receptor) che oggi appare molto interessante in quanto, come hanno scritto gli studiosi, «si scopre che questo virus condivide» quasi totalmente il genoma che è all’origine dell’attuale epidemia di Coronavirus.
Considerando quanto pubblicato negli ultimi anni, sembra proprio che nei blindati laboratori di Wuhan avessero buone cognizioni anche riguardo l’attuale Coronavirus. Inoltre, l’autore della citata pubblicazione è lo stesso che lo scorso a febbraio, sempre su Nature Medicine, pubblica uno dei primi articoli scientifici sul Coronavirus in Cina. Ancora una volta: il coronavirus in quel centro ricerche cinese era di casa. Sarebbe semplice trarre affrettate conclusioni però, supportati da evidenti prove, possiamo affermare che nel Wuhan Institute of Virology, dopo l’epidemia della SARS del 2002-2003, si sono studiati e sperimentati vari coronavirus (le risultanze pubblicate su blasonate riviste medico scientifiche) di cui alcuni sembra abbiano un genoma quasi totalmente compatibile con il nostro Coronavirus. Ciò che più incuriosisce è l’aspetto geografico: sappiamo tutti che Wuhan è la città focolaio.
Riprendiamo il comunicato stampa sull’inaugurazione del laboratorio di biocontenimento di livello quattro: «L’attuazione del programma congiunto P4 non solo ha incarnato in modo vivido la profondità e la forza del legame tra Francia e Cina, ma anche la responsabilità nei confronti della comunità mondiale. Aiutando i colleghi cinesi con la tecnologia di progettazione e architettura di livello mondiale delle strutture di biocontenimento, la Francia ha ampliato la sua prima linea di prevenzione e controllo delle malattie […] Secondo il Wuhan Institute of Virology, il laboratorio P4 è una struttura di base specializzata per studi su malattie altamente contagiose e mortali come la malattia da virus Ebola».
Globalizzazione delle produzioni, delle merci, della finanza della ricerca e adesso del Coronavirus. Ma allora in quanti sapevano di questo Coronavirus? Tutto all’insegna dello sfrenato neoliberismo che, Coronavirus a parte, ha impostato questo modello di globalizzazione. Quale l’impatto sanitario, sociale ed economico? Quei paesi dove al pronto soccorso ti devi presentare con la carta di credito o con il certificato d’assicurazione sanitaria, come affronteranno la malattia? Non parliamo solo degli Stati Uniti, ma anche dell’Olanda. Forse verrà dichiarato lo stato d’emergenza e quindi l’intervento dello Stato? Ed ecco che il pubblico diventa il salvagente nel mare in burrasca. E la burrasca è anche finanziaria. Ed ecco che l’Italia sta scalando in solitaria la vetta per numero di decessi e appestati. I medici, gli operatori sanitari si stanno prodigando per salvare vite e contrastare il fenomeno. Intanto è passato il messaggio che l’Italia sia il malato d’Europa, la Cenerentola del Coronavirus. Da Made in China, in Made in Italy.
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