Coronavirus, il bollettino nelle carceri: libere 740 stanze per isolamento sanitario

Sono 57.590 le persone detenute presenti oggi negli Istituti penitenziari, con un ulteriore calo, rispetto a venerdì, di 354 unità. È un dato importante, che tuttavia si mantiene ancora troppo contenuto rispetto alle esigenze di reperire spazi all’interno degli Istituti penitenziari al fine di garantire zone per l’isolamento sanitario precauzionale, per la domiciliazione fiduciaria per casi di positività.

Occorrono misure più decise, lo ribadiamo ancora una volta. E insieme, in coordinamento con il Garante nazionale, lo chiedono con chiarezza anche i Garanti delle persone private della libertà nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni: «Facciamo appello ai Sindaci e ai Presidenti delle Regioni, delle Province e delle Aree metropolitane affinché facciano sentire la loro voce presso il Governo e facciamo appello ai parlamentari della Repubblica, affinché nell’esame del decreto-legge contenente le norme finalizzate alla riduzione della popolazione detenuta vengano adottate misure più incisive, in grado di portare nel giro di pochi giorni la popolazione detenuta sotto la soglia della capienza regolamentare effettivamente disponibile».

Intanto, è stato reso noto il provvedimento attuativo del decreto “Cura Italia”, un provvedimento interdipartimentale, firmato dal capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) e dal capo della Polizia. Sono 5000 i braccialetti messi a disposizione per il controllo delle persone detenute, con una pena residua compresa tra i sei e i dodici mesi, ammesse alla detenzione domiciliare, 920 dei quali già disponibili. Il Provvedimento prevede l’installazione di un massimo di 300 apparecchi a settimana. Il sistema sarà costantemente monitorato dal Dap. Tale decreto interdipartimentale dovrà essere periodicamente aggiornato, in relazione all’eventuale disponibilità di ulteriori strumenti di controllo.

La capienza regolamentare calcolata è di 51.416, ma per affermazione dello stesso Dipartimento, i posti realmente disponibili non arrivano a 48.000. Alcune strutture risultano particolarmente affollate: per esempio in Puglia l’Istituto di Taranto è occupato al 194% e quello di Lecce al 182%; in Lombardia un picco rilevante è a Monza (173%), come nel provveditorato di Lazio-Abruzzo-Molise sono particolarmente affollate le strutture di Campobasso (175%) e di Latina (181%). Questi esempi rendono evidente come il dato medio sia poco indicativo se non lo si legge nelle specifiche situazioni detentive.

Attualmente, sono state recuperate per l’isolamento sanitario Covid 740 stanze di varie dimensioni, raggruppate in 169 reparti di 120 Istituti. Occorre tuttavia molta cautela perché sono a volte definite come isolamento le sezioni che indipendentemente dal prevedere collocazioni in stanza singola sono semplicemente separate dalle altre dell’Istituto.

Le parole di Papa Francesco all’Angelus – Le soluzioni sono difficili ma vanno trovate. Chi ha responsabilità politica in questo momento non ha un compito facile, ma pur rispettando i dubbi, è necessario trovare soluzioni comuni: è il momento che ce lo chiede. Non si può più ragionare come si è fatto finora. Oggi il problema è la crudezza del bene essenziale che è la vita. Ce lo ha ricordato il Papa all’Angelus, ponendo l’accento sulla gravità dell’ingresso del virus in un mondo chiuso, del rischio per chi lì vive e lavora e della situazione potenzialmente esplosiva negli Istituti di pena. Papa Francesco ha voluto ricordare che il carcere non è un mondo separato, ma è parte di tutti noi e della società nella sua complessità. Lo ha fatto ricordando che tutte le persone hanno diritto alla tutela della loro salute. Per questo il Garante nazionale invita tutti ad accogliere il monito di papa Francesco e a unirsi per cercare gli strumenti più adeguati ad affrontare il rischio pandemia in carcere. In questi giorni in cui l’opinione pubblica è sgomenta, la figura del Papa riconnette il sociale diviso.

Lo ribadiamo: la società e le forze politiche – anche se divise rispetto al tema dell’esecuzione penale o con posizioni più rigide o più aperte rispetto alle misure alternative – devono mettere da parte le divisioni e concentrarsi sulla tutela della salute delle persone detenute, di chi lavora in carcere e della collettività esterna, anche perché l’esplosione di una situazione in carcere avrebbe ovviamente riflessi sull’intera collettività.