Ora il Coronavirus fa nuovamente paura. E fa talmente paura che il governatore Vincenzo De Luca, durante la consueta diretta del venerdì su Facebook, si è scagliato contro i viaggiatori irresponsabili e ha persino minacciato di chiedere al governo nazionale il ripristino delle limitazioni alla mobilità tra una regione e l’altra del nostro Paese. Un primo passo verso un nuovo lockdown? Chissà. Il bollettino diramato ieri dall’Unità di crisi della Campania parla di altre 68 persone positive al Coronavirus. Che cosa significa? Che la diffusione del Covid sta subendo un’evoluzione preoccupante, certo.

Ma soprattutto che il cosiddetto “effetto De Luca” si è esaurito e che la Campania non è più la “prima della classe” nella lotta alla malattia. Una significativa conferma arriva dal Corriere della Sera che ieri ha pubblicato la classifica delle regioni italiane in cui l’indice Rt – valore che indica il numero medio di infezioni generate da un solo soggetto positivo al Coronavirus – ha raggiunto i livelli più alti tra il 10 e il 16 agosto. La graduatoria è guidata dall’Umbria, seguita da Abruzzo e Veneto, ma la Campania occupa il quinto posto a breve distanza dalla Lombardia, regione che finora ha pagato il prezzo più alto in termini di contagi e di vittime. Volendo accogliere la narrazione delle “magnifiche sorti e progressive” alimentata da De Luca, dunque, se la nostra è da considerare una regione virtuosa deve dirsi lo stesso per la Lombardia che, additata come modello di inefficienza e inettitudine, ora sfoggia un indice Rt sostanzialmente identico a quello della Campania. Invece sappiamo che non è così. Anche perché, dati alla mano, allo stato attuale molte altre regioni sono messe meglio della nostra. E tra queste spiccano Sicilia e Puglia che, in termini di contagi, risentono degli effetti dell’allentamento delle restrizioni alla mobilità al pari della Campania.Il rovesciamento di quella storiella che per mesi ha presentato la nostra regione come prima della classe è confermato, inoltre, dal crescente numero di persone positive al virus.

E se questo dato lievita è perché, parallelamente, è stata intensificata l’attività di screening. Più tamponi, più positivi. Ma la Campania è stata per mesi la regione che ha sottoposto a test il minor numero di persone. Il che dimostra come il presunto primato della regione fosse legato al minor numero di positivi che, a sua volta, dipendeva dai pochi tamponi effettuati sulla popolazione. Davanti a questa situazione De Luca che fa? Minacciando il ripristino delle restrizioni alla mobilità, ingigantisce le responsabilità delle altre regioni e ridimensiona la crescente gravità della pandemia sul suo territorio. Chi si frega le mani davanti alle difficoltà che si stagliano all’orizzonte della Campania, però, farebbe bene a usare un minimo di prudenza. Perché l’aumento dei casi di positività al Covid, se da un lato rivela le falle della strategia di prevenzione messa in campo dalla giunta De Luca, dall’altro evidenzia l’opportunità di costruire gli ospedali modulari per i quali il governatore è stato tanto duramente attaccato. In altre parole, in questo marasma, ognuno è destinato a cadere in contraddizione: sia De Luca, che per mesi ha proposto la Campania come un modello, salvo poi essere smentito dai numeri, sia gli avversari di De Luca, che al governatore hanno contestato una scelta che potrebbe rivelarsi azzeccata in caso di ulteriore inasprimento dell’emergenza sanitaria. La morale della favola è una: con la demagogia e con la retorica non si va da nessuna parte. La politica non dovrebbe far altro che trovare soluzioni intelligenti ai problemi della comunità che è chiamata ad amministrare. Così le emergenze potrebbero essere gestite in modo più avveduto. E si eviterebbero non poche figuracce.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.