Coronavirus, la curva dei contagi è stabile ma è rebus varianti: lockdown o zone rosse?

A health worker prepares a dose of the Moderna COVID-19 vaccine to be administrated to over eighty-year-olds, at a vaccine center in Rome's Auditorium, Monday, Feb. 15, 2021. Moderna is one of the three vaccines authorized by the European Medicines Agency for use in the 27-nation bloc, the other two are Pfizer-BioNtech and AstraZeneca. (AP Photo/Andrew Medichini)

La diffusione delle varianti del coronavirus continua a spaventare il mondo e anche l’Italia. L’Iss stima che quella inglese è presente sul territorio nazionale nel 17,8% dei casi. A Napoli è stata scoperta una nuova variante simile a quella inglese. Non si conosce ancora il potere di infezione né altre sue caratteristiche come accade per molte varianti rare del virus. Si chiama B.1.525, finora ne sono stati individuati soltanto 32 casi in Gran Bretagna, ma è stata trovata anche in Nigeria, Danimarca e Stati Uniti. E intanto i numeri della pandemia in Italia restano sostanzialmente stabili.

La situazione accende il dibattito tra comunità scientifica e politica sul da farsi. Lockdown o zone rosse chirurgiche? Le varianti potrebbero secondo alcuni esperti nel giro di poche settimane far impennare nuovamente la curva dei contagi. “Io mi ritrovo il mio reparto invaso da nuove varianti, e questo riguarda tutta l’Italia. E ci fa facilmente prevedere che a breve avremo problemi più seri”, dice il professor Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, accodandosi di fatto all’idea del lockdown generale proposta dal collega Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Sanità.

L’invito è a guardare “un pochino al di là del nostro naso” anche perché non è possibile “fare una trattativa sindacale o politica con il virus. Segue le sue regole e modalità di diffusione”. Di parere opposto invece Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele. “I lockdown servono solo a rinviare il problema – spiega a LaPresse – si può continuare con la politica dei colori e delle chiusure tempestive e mirate che si presta meglio alla particolare geografia italiana”. A questo va affiancata una poderosa campagna vaccinale. “Quello che stiamo vedendo in Israele è emblematico”, dichiara ancora.

Intanto per acquisire il maggior numero di informazioni possibili sulle varianti il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è recato in Umbria, una delle zone maggiormente colpite, per una serie di incontri con i vertici della Regione e le autorità sanitarie per una verifica del quadro epidemiologico. “Qui le varianti hanno condizionato la curva del contagio prima che altrove. Capire quanto sta avvenendo è importante per valutare l’impatto delle necessarie misure assunte”, la riflessione di Speranza dopo la visita.

E all’interno del mondo politico le polemiche non mancano. “Mi aspetto dalla comunità scientifica una proposta unica”, dice il leader della Lega Matteo Salvini. “Gli scienziati parlino all’unisono e chiariscano qual è la situazione”, gli fa eco il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Un problema non di poco conto per il neonato governo Draghi, eterogeneo e con al suo interno diverse anime da quella più prudente a quella maggiormente aperturista. Al momento pare che la linea della divisione dell’Italia in zone, magari con parametri più stringenti, possa essere confermata e preferita rispetto a quella paventata da alcuni scienziati del lockdown nazionale. Dopo il primo discorso in Aula del premier Mario Draghi si capirà qualcosa in più in merito alla strategia che il presidente del Consiglio, fino a ora molto parco nelle parole, intenderà adottare.

Intanto con la situazione attuale, venerdì 6 regioni che la scorsa settimana avevano un Rt prossimo all’1 rischiano la zona arancione. In bilico l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, le Marche e il Piemonte. Si aggiungerebbero all’Abruzzo, la Basilicata, la Liguria, il Molise, l’Umbria e la provincia di Trento.