La consapevolezza della difficoltà del tempo presente dovuta alla crisi sanitaria ed economica provocata dalla pandemia che ha colpito il nostro paese, in alcune aree in modo drammatico in altre ancora contenuto, mi spinge in qualità di Direttore della Fondazione Regina Pacis, da sempre vicina alle istanze dei più fragili e marginali, ad invocare soluzioni importanti capaci di tener conto del bene integrale della persona e delle fasce più marginali della popolazione. Più volte ho sentito ripetere da qualcuno che l’epidemia da covid-19 è democratica in quanto potenzialmente coinvolge tutti: se lo è dal punto di vista biologico e medico non lo è dal punto di vista sociale.
Siamo nel bel mezzo di una crisi che non è più esclusivamente sanitaria ma anche psicologica, sociale, economica. Pertanto credo, con i mezzi che solo chi governa e amministra può immaginare, anche questi altri tre criteri (psicologico, sociale, economico) debbano essere utilizzati con maggior centralità, nell’ambito della riflessione politica e sociale.
Nell’affermare tale istanza penso ad alcune fasce di marginalità sociale che soffrono più di altre in questo momento:
I minori. Bombardati da continui bollettini di guerra, spesso in balia di genitori che a causa della propria comprensibile ansia fanno fatica ad essere rassicuranti, respirano un senso di insicurezza che probabilmente avrà in molti di loro forti ricadute dal punto di vista della salute psichica. L’assenza totale dalla vita dei bambini e degli adolescenti di adulti di riferimento, come maestri, insegnanti, educatori, operatori che spesso sostengono i loro genitori nel compito educativo e di cura, ha per alcuni di essi conseguenze disastrose. Penso soprattutto a quei bambini che vivono in famiglie multiproblematiche, come molti dei minori che frequentano i nostri Centri Diurni: dal loro orizzonte è completamente scomparso un adulto di riferimento esterno alla famiglia, capace di coadiuvare quest’ultima, di sostenerne la resilienza e di vigilare sulla loro salute integrale. Inoltre per molti ragazzi che vivono in famiglie con enormi problemi economici e di arretratezza culturale e multimediale, la didattica a distanza è solo una terminologia incomprensibile e un’esperienza inarrivabile.
I detenuti. Occupandoci di accoglienza di adolescenti di aera penale e di donne provenienti dall’esperienza carceraria, il nostro rapporto con alcune strutture detentive è costante. Io stesso, in qualità di Cappellano, mi reco quasi ogni giorno nell’Istituto Penale per Minorenni di Nisida, constatando la difficoltà del momento, la tensione dei ragazzi e la problematicità nella gestione del tempo: se non fosse per la dedizione creativa del Direttore e della costante disponibilità del Comandante di Reparto, unitamente alla collaborazione della Magistratura Minorile e di tutto il Personale, i detenuti, privi dei colloqui, delle occasioni ricreative organizzate dal volontariato carcerario, delle attività formative e laboratoriali si troverebbero a fare i conti con un tempo vuoto, generatore di malessere interiore e di dinamiche pericolose. Se in un Istituto minorile la competenza di chi vi lavora riesce a contenere e a gestire il tutto, in Carceri ben più grandi la situazione è seria e pericolosa – non solo dal punto di vista sanitario – tanto per il personale, quanto per i detenuti. In uno stato civile è impensabile che, seppur in una situazione emergenziale, la vita carceraria possa proseguire a lungo in questa sorta di limbo dove, contrariamente a quanto affermato dall’articolo 27 della nostra Costituzione, si fa fatica in questo momento ad offrire stimoli realmente rieducativi.
I disabili. La chiusura di diversi centri specializzati e di molte realtà socio- educative sta producendo un’inevitabile ricaduta psicologica su molte persone con disabilità e lascia sprofondare in un senso di stanchezza e di indicibile solitudine molte delle loro famiglie. In molte zone del paese anche l’assistenza domiciliare è stata sospesa o mai avviata. Occorre fare qualcosa in tal senso per evitare delle vere e proprie tragedie familiari, pensando a modalità di fruizione dei servizi che possano mettere insieme le istanze sanitarie con quelle psicosociali dei disabili e delle loro famiglie.
Le tre categorie a rischio di marginalità appena citate non sono le uniche: molti sono i problemi sociali prodotti da questa reclusione forzata e necessaria, fra tutti ad esempio le problematiche legate alla violenza domestica. Per questo, come Fondazione, raccomandiamo che lo stato di necessità sia più che mai valutato e ri-valutato, modulato e rimodulato anche a partire da serie considerazioni derivanti dalle altre emergenze sociali in corso, tenendo presente che, nella crisi sistemica che stiamo vivendo, generatrice di povertà e miseria, anche forze oscure e criminali si stanno rendendo più che mai presenti sul nostro territorio, a partire dalla criminalità organizzata.
Ieri, il Santo Padre, in Piazza San Pietro così pregava: “Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: ‘Svegliati Signore!’.”
Che questo risveglio possa riguardare non solo il Signore – a cui le parole sono rivolte in modo retorico e in cui come credenti poniamo la nostra fiducia – ma tutta la comunità nazionale e locale, a partire da chi ha responsabilità politiche e amministrative.
Don Gennaro Pagano
Direttore Fondazione “Centro Educativo Diocesano Regina Pacis”
Cappellano Ipm Nisida