C’è qualcosa di operistico in questa smodata passione per la conquista della poltrona di sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo. Litigarsi le poltrone di sottogoverno è un classico delle operette isolane, anche quando si tratti di postazioni culturali, per cui molto tecniche, di prestigio e su questo potrebbero andar le note di un Cosi fan tutte, solo che qui più che Mozart ci vogliono mandare eponimi, se va bene, di Salieri.

Il volere del sindaco

Il Teatro Massimo, voluto dai Florio e realizzato dal Basile, è uno dei maggiori teatri del mondo, il più grande per palcoscenico in Italia, e terzo al mondo. Su questo tempio della Lirica siede il Maestro Marco Betta, prestigioso musicista di prestigio internazionale riconosciuto, il quale ha incredibilmente dimostrato doti impareggiabili di ragioniere dei conti e mediatore sindacale. Oggi il cartellone, e soprattutto la produzione del principale teatro palermitano, è di alto profilo. Betta è allievo del notissimo maestro Eliodoro Sollima, indiscusso mentore della musica palermitana.
Il sindaco di Palermo, visto che il Teatro è una delle poche cose che funzionano in questa città, ha dichiarato già il suo volere: squadra che vince non si cambia. Ed in questo ha indispettito il presidente Schifani, in un accesso da Cavalleria Rusticana, che vuole il suo imprimatur, e magari il ministro Sangiuliano, che forse pensa che il Massimo sia un Circo e si trovi a Roma.

I nomi alternativi

Capiremmo se nel cambiamento che venisse scelto un Sinopoli o un Muti per questo alto incarico, ma i nomi in alternativa al maestro Betta se va bene potrebbero andare per la Bomboniera di Marsala, città dei Mille, delizioso teatro liberty guarda caso intestato a Eliodoro Sollima. Ci vorrebbe un nome alla Figaro, che tutti lo vogliono, in caso contrario meglio tenersi il braverrimo Betta, che l’ottimo è nemico del buono, dicevano i saggi politici di una volta, e Betta is better. I palermitani sono melomani schifiati, e capaci di fischiare, dal loggione alla platea. La politica farebbe bene a non rischiare.

Giovanni Pizzo

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